Pensieri
Io credo in qualcosa. Credo che dietro la più assurda confusione esista, nascosto, l’ordine assoluto. Credo che in fondo ognuno di noi conosce bene ciò di cui ha bisogno, quello che vuole, e lo stato di confusione è una convenzione, una tregua perché magari si ha paura, vergogna delle realtà che hai dentro, o perché non si ha il coraggio o la voglia di ammettere la verità. La confusione è Un atteggiamento volontario, se prolungato o di poca durata non importa, è certo però che siamo noi a creare il nostro stato di confusione. Siamo noi che scegliamo il nostro destino e quando ci sembra di non farlo, quando crediamo che tutto sia negativo, in realtà sono semplicemente gli altri che scelgono il loro. Noi non siamo soli, anche se a volte crediamo di esserlo, noi non siamo del tutto liberi anche se a volte vorremmo esserlo: le nostre scelte sono condizionate dalle situazioni che viviamo, dalla gente che incontriamo, e tutti stanno facendo delle scelte allo stesso momento, tutti sono nello stesso istante artefici del proprio destino e inconsciamente di quello degli altri. E’ così che la penso. Credo che le preghiere, le suppliche siano solo un modo per attaccarsi a qualcosa che crediamo di conoscere e di venerare, ma di cui in realtà non conosciamo l’esistenza. Le divinità non sono altro che il riflesso di esasperate speranze, di sofferenze, di bisogni che l’uomo da solo non è in grado di risolvere. L’ esperienza è la più vera maestra di vita. In fondo il nostro destino è fondamentalmente vivere, nel modo in cui ognuno preferisce o sceglie di farlo, e poi sparire e lasciare in giro il ricordo di noi, sperando che ci sia qualcuno che se ne ricordi. Ad un certo punto, all’interno di questo percorso, ti accorgi che stai crescendo, ed è quello che sta succedendo a me. Mi sono accorta che qualcosa è cambiato. E’ cambiato qualcosa dentro me, ma non solo. Sono cambiati i problemi, sono cambiati i contesti, sono diverse le situazioni, le storie, la gente, gli eventi e soprattutto è diverso il modo di vivere tutto questo. Manca l’entusiasmo, ovunque. Ognuno è intento ad organizzare la propria vita, ognuno pensa a come guadagnarsi da vivere ed ad assicurarsi un futuro. Ognuno pensa prima di tutto a sé stesso. Gli eventi hanno un altro significato, cioè nessuno. Le cose tradizionali, le piccole cose perdono il loro senso, la loro semplicità nonché capacità di far sorridere viene soffocata dagli appuntamenti, dai problemi, dalle crisi, dai bisogni, dalle speranze, dalla tristezza, dalla rassegnazione. E’ un mondo che non mi piace quello in cui vivo, e mi limito a fare quello che sento e che mi fa stare bene per poterci vivere nel migliore dei modi. E’ anche per questo che mi piace scrivere. Fa parte della mia vita, e la mia vita, il mio piccolo mondo potrebbe anche non essere perfetto, ma per me va bene così. E se poi dovessi fermarmi un solo istante a riflettere su quello che combinano i potenti, i politici, i terroristi, allora dovrei attaccarmi anch’io ad un’entità metafisica perché io sola potrei fare poco, davvero molto poco. Non per questo però resto immobile di fronte a simili scempi. Dico la mia, ascolto gli altri, cerco di capire la violenza, la sete di potere e di ricchezza e mi accorgo che mentre cerco una risposta non posso fare a meno di vergognarmi per appartenere a questa società, e di disprezzare tutto ciò che sia sinonimo di potere e sfruttamento. Anche questo incide sul nostro destino. Ciò che conta è non fermarsi. Vivere, sopravvivere, piacersi, amare, sorridere, sentirsi liberi: è questo ciò che conta, per me.
Marzia Papagna
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