L’opera teatrale scritta da Leonardo Malà parte dal presupposto (incontestabile) della rispettabilità del personaggio Duranti, della sua religiosità sincera non artefatta di uomo di chiesa colto e profondo, e da un omaggio a San Francesco, ma forse il notaio poteva essere paragonato alla famiglia di San Francesco, e noi tutti siamo la famiglia di San Francesco, lo esaltiamo, ma ognuno rimane intento ai suoi piccoli e grandi traffici, più o meno nobili… il suo disinteresse materiale viene posto al disopra dell’umano, e noi piccoli e grandi borghesi sia di destra che di sinistra perseguiamo il possesso di ogni cosa…(sia che si tratti di pensieri, parole e oggetti, sia che si tratti di persone…), il possesso come conferma del nostro essere ancorati al mondo, il possesso come conferma della nostra esistenza, del nostro essere reali. Credo che oggi l’unica percezione dell’esistenza, dopo il possesso, per essere accreditata deve essere mediatica, poiché, forse, l’unica cosa ad esistere veramente è ciò che non è ufficiale e se ne frega di esserlo, ciò che soffre dell’ombra (un po’ come tutti) non esiste proprio come ciò che vive sotto i riflettori, riuscire a vivere qualcosa senza che esista per gli altri è forse l’unica forma di autenticità esistenziale, “è proprio quello che dice Battiato “quando dice segnali di vita nei cortili e nelle case all’imbrunire”
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