Non sono mulini a vento

Intervista a Giancarlo Benedetto

Il Romitorio di Monte Tezio domina la valle: da lassù vediamo tramontare il sole sul lago Trasimeno, mentre la foschia sfuma la cima dell’Amiata. Ero salito tante volte al Romitorio, e ogni volta ne avevo registrato con tristezza l’avanzare del degrado, e il furto di pietra lavorata. Ma questa volta è stato diverso: Giancarlo Benvenuto, romano, mi accoglie davanti all’antica chiesetta, risorta dai suoi ruderi, e mi mostra con soddisfazione un complesso accuratamente restaurato. A marzo, mi dice, inaugurerà l’agriturismo, frutto di anni di impegno e di fatica. Ebbene, proprio quando sta per giungere al risultato tanto atteso, 

Io parto da questo presupposto: lo sviluppo dell’Umbria, il futuro dell’Umbria. Io ho molto a cuore l’Umbria, a parte le parentele che ho qui, da tre anni vivo a Perugia, ho coronato un sogno: da quando ero bambino io venivo sempre in Umbria, e ne ero innamorato, molto più della Toscana o delle Marche che pure hanno il loro fascino. Ebbene, se io fossi in industriale, in Umbria non sarei venuto, perché non ci sono le infrastrutture necessarie; se volessi fare agricoltura, non punterei sull’Umbria: io sono un’azienda agricola, nel mio piccolo, e in un anno ho guadagnato un milione; un milione in un anno significa morir di fame. E questo milione l’ho guadagnato grazie ai Pac (politica agricola comunitaria), cioè agli aiuti comunitari. E gli unici prodotti che possano garantire profitto oggi sono i prodotti di nicchia, come la lenticchia di Castelluccio, perché noi non possiamo competere con la pianura padana, il tabacco nella valle del Tevere sta finendo, aiuti comunitari ce ne saranno sempre meno con l’ingresso dei nuovi paesi dell’est europeo. Allora perché tutti questi campi di tabacco non trasformarli in biomasse, o biodiesel o altre fonti di energia? L’Università di Perugia ha fatto uno studio sulle biomasse, quindi potrebbe avere uno sviluppo importante. E allora l’Umbria che cosa ha di bello, di meraviglioso, di unico? Il verde, la campagna, la dolcezza dei suoi paesaggi, in gran parte intatti.

C’è anche una storia da recuperare…

Ci sono degli immobili bellissimi in questa area: io, prima di prendere il Romitorio, che è stato una specie di colpo di fulmine, ne ho girati tanti, ed io ero innamorato dell’ottanta per cento dei casali che ho visto, e se ne avessi avuto la possibilità li avrei ristrutturati tutti. L’Umbria dispone di un patrimonio, e noi dobbiamo esserne i guardiani, non ci possiamo permettere di violentare questo tipo di patrimonio: già ci pensano i terremoti, che distrugge e poi lascia spazio a ricostruzioni selvagge. L’Umbria quindi non può prescindere da uno sviluppo basato sul turismo intelligente, turismo sostenibile, non il turismo di massa.

Come avete saputo della delibera sul parco eolico?

Il 13 dicembre, noi abbiamo organizzato come Pro Loco un incontro per uno sviluppo sostenibile (anche se questa è ormai una parola abusata, ma non ne ho trovata una migliore) e abbiamo invitato i comuni di Corciano, Umbertide e Perugia, nelle persone del vice-sindaco Rometti e di Fabio Faina assessore al bilancio, la Regione rappresentata da Lamberto Bottini, con il nostro presidente Gianmaria Fontana di Sacculmino quale ospite. Abbiamo fatto un bellissimo incontro; abbiamo aperto i lavori decantando le bellezze e le potenzialità di questa zona: è l’unica zona di Perugia rimasta intatta, non si può certo pensare di fare turismo a San Sisto o a Ponte San Giovanni, a Perugia rimangono il Tezio e l’Acuto oltre al centro storico, non c’è molto altro ormai; ma il centro storico ha bisogno di questi sfoghi esterni, anche per evitare le visite di un giorno e via. In questo incontro abbiamo proposto una bozza di protocollo di intesa tra i comuni di Perugia, Corciano e Umbertide: gli assessori sono stati subito tutti d’accordo, avremmo dovuto firmare nei giorni seguenti: c’era una platea di cento operatori, la maggior parte erano operatori turistici della zona, fino a Ponte Pattoli, perché ci sono ormai parecchie strutture e parecchie ne stanno aprendo; ho tanti amici che stanno con gli occhi puntati e mi dicono: Se trovi qualcosa di carino dimmelo; c’è una vivacità imprenditoriale in questa zona che non è facile trovare altrove nel territorio. Cinque giorni dopo, leggiamo sul giornale che è stata approvata una delibera, un atto concreto non una proposta vaga, la famigerata delibera che affida alla Facoltà di Ingegneria uno studio di fattibilità su un parco eolico sul Monte Tezio. E da lì l’abbiamo saputo: dai giornali. Né Rometti né Faina ci dissero nulla in quella occasione, non trapelò nulla. Noi eravamo tutti entusiasti per la riuscita dell’incontro, cento operatori che forse rappresentavano cinquanta aziende che spesso sono formate da marito e moglie, giustamente a conduzione familiare.

Cinquanta aziende in una zona che fino a cinque anni fa era in abbandono…

Ovviamente oggi tutte queste aziende sono con noi contro il parco eolico, sono pronti a scendere in piazza, anche quelle di Umbertide, perché questo è un problema che non riguarda solo la zona nord di Perugia, ma riguarda anche il centro storico da cui si vedrebbero questi mostri, ma anche Città di Castello, Assisi, tutti i luoghi da cui si vedrebbero queste pale.

Ma lo scopo del parco è la produzione di energia pulita.

Una risibile produzione di energia elettrica. Questa non è una soluzione al problema della produzione di energia. L’inquinamento non è principalmente derivante dalla produzione di energia a fini domestici, l’inquinamento deriva dalla mobilità, dai mezzi di trasporto. E’ possibile fare un piano energetico, e sono felice che Perugia sia stata una delle prime città a farlo, però deve essere integrato col piano regionale e questo col piano nazionale, da cui può essere decentrato a livello regionale e comunale; è impensabile che Perugia, per eccesso di zelo, pensi a produrre energia da fonti rinnovabili e Terni, che inquina cinquanta volte più di Perugia, non ci pensi. Nulla contro Terni, io sono solidale con i lavoratori di Terni, ma perché questo eccesso di zelo?

Però il problema della diversificazione della produzione di energia esiste.

Certo, ma innanzitutto l’Italia è il pese del sole e non del vento: siamo famosi nel mondo per il sole, mentre per il vento sono famosi gli Olandesi, e infatti basta vedere che da noi i mulini a vento sono pochissimi, i nostri sono sempre stati mulini ad acqua. Per l’eolico si fa sempre l’esempio dell’Olanda, oppure della Spagna, ma la Spagna è un deserto, riesce a nascondere molto bene le pale eoliche, la Meseta è un deserto abbastanza piatto; anche lì secondo me sono inutili perché la Spagna ha molto sole, il problema è che ci sono molti interessi a mettere le pale a vento, perché una pala costa di meno e probabilmente ha anche dei contributi, perché in Italia la legge 488 dà dei contributi alle aziende per l’eolico. Questo non sono solo io a denunciarlo, è il Comitato Nazionale per il Paesaggio con il presidente Carlo Ripa di Meana. La legge dà dei contributi non al privato ma alle aziende, perché se a me mi desse la possibilità di tirarmi su l’acqua del pozzo con una piccola pala eolica, andrebbe benissimo. E invece non c’è una lira di contributo per il fotovoltaico; e l’Enel mi dà la possibilità di immettere in rete l’energia da me prodotta, ma non me l’acquista, mi dà solo dei crediti; questo è sbagliato. Se potessimo vendere energia, tutti noi diventeremmo dei piccoli produttori, chiaramente andremmo a toccare degli interessi molto grossi, e forse io qui avrei avuto la possibilità di mettere tre o quattro pannelli solari occultati nel paesaggio. Tanto più potrebbero farlo i capannoni industriali.

E che fine fa il progetto di valorizzazione sostenibile del Tezio?

È assolutamente inconciliabile con l’eolico. Ci sono parecchi imprenditori, sia grandi che piccoli, che hanno investito in turismo di qualità, come me: qui sono già venute delle persone che pensavano di restare un giorno, sono andate via dopo una settimana con le lacrime agli occhi dicendo che sarebbero tornati; questo è significativo. Perugia forse si può vedere in un giorno e via; ma qui abbiamo una sentieristica a Monte Tezio, come minimo due giorni; poi vado a Monte Acuto, poi a Monte Corona, poi a Antognolla, e poi Assisi, Gubbio, e poi da qui posso andarmene a Firenze e a Roma, dove troverei costi altissimi e con dei limiti notevoli di ricezione, e invece posso andarci da qui: perché non usare l’Umbria come centro? Io ho  presente bene l’Irlanda: l’economia irlandese è basata in buona parte sul turismo: verde Umbria, verde Irlanda, qualche analogia c’è: là si sono trasformati  in operatori turistici anche le semplici famiglie, che integrano il reddito con il bed and breakfast. E in Umbria c’è ospitalità, non è vero che siete, o siamo, “freddi”, tutt’altro, basta solo trovare la chiave giusta; le istituzioni non ci aiutano in questo, ma io penso che potrebbe essere un validissimo aiuto all’economia, molto meglio dei capannoni industriali.

E porta anche una occupazione, un indotto nel territorio, un rapporto con i prodotti locali…

Io sono obbligato per legge a utilizzare o i prodotti dell’azienda agricola o prodotti locali; io dovrei fare l’inaugurazione il 20 marzo, ho già provveduto a prendere il vino, in parte alla Cantina sociale di Magione e in parte da un contadino qui sotto; la spesa la faccio su prodotti locali: il formaggio vado da un agricoltore di Ponte Pattoli, l’orto cerco di produrlo io il più possibile; inoltre, nei periodi di massima affluenza ho bisogno di un cuoco, e una persona di sala; e anche per la ristrutturazione dell’immobile, per la maggior parte hanno lavorato persone del posto; la manutenzione… io come minimo muovo dieci persone, e questa è una struttura piccolissima: sono sicuro di quello che dice Nando Staccini, presidente della circoscrizione, che è una persona che io stimo particolarmente, non è affatto improbabile, e cioè che vi possano lavorare mille persone, ma io ritengo che cinquecento persone occupate possa essere ormai una valutazione valida. Non c’è altra possibilità di sviluppo per questa zona; se poi si riuscisse a vedere una trasformazione verso un turismo di tipo irlandese, anche le famiglie dei pensionati potrebbero ospitare. Ci sono delle case bellissime, perché non aprirle? Si potrebbe fare in tutta l’Umbria, che non ha una vocazione industriale. Tutto questo però è stato come congelato con quella delibera, perché è chiaro, anche io ho frenato gli investimenti se non ho la certezza di poter sviluppare l’attività, non faccio le piscine, nonostante abbia le licenze in mano, perché se mi mettono le pale eoliche i turisti me li allontanano. Ci sono dei progetti ampi, validissimi; persino Antognolla, checché se ne dica e malgrado alcune cose che poteva evitare, valorizzerebbe in tutto il mondo questa zona.

Questa imprenditoria di turismo sostenibile potrebbe avere anche un valore di recupero del territorio, come il terrazzamento, l’oliveto, ecc.?

C’è innanzitutto la Comunità montana, che sembrerebbe forse favorevole all’eolico, perché i terreni del Tezio sono i suoi, comunque ha già finanziato con cinquantamila euro, se non erro, già cantierabili, per poter valorizzare la sentieristica, alcuni taerrazzamenti, ripristino di alcune canalette per vincolo idrogeologico, perché non ci dimentichiamo che il parco eolico in vetta al monte creerebbe degli scompensi anche a livello iderogeologico. A parte che sul monte ci sono le cerchiaie, come facciamo a spianarle via: a Roma non riescono a fare una linea di metropolitana perché c’è il sovrintendente che li ferma a ogni passo, qui vogliamo mettere le pale eoliche su una vetta di un monte dove ci sono le cerchiaie? Comunque ribadisco che il progetto del parco eolico, che speriamo rimanga un progetto solo sulla carta, manderebbe veramente al collasso  tutte le attività imprenditoriali della zona, e non ci prendiamo in giro, il turista non viene se c’è l’eolico: non viene a vedere un polo industriale, se no andrebbe a Terni a visitare gli altiforni, o a Bagnoli a vedere i ruderi di una industrializzazione sbagliata che ha rovinato un mare meraviglioso. Non è vero neanche quello che si sostiene sull’economicità dell’eolico, sono pronto a documentarlo, o che un domani si potranno facilmente smontare; ho sentito dire che basta buttare una camionata di terra, ma non basta, il cemento è indelebile, non fa crescere più nulla; e poi hanno costi altissimi, anche di manutenzione.

Quanta energia producono 22 pale rispetto ai consumi locali di elettricità?

Una quantità risibile. Ma qui, se va avanti il nostro progetto, c’è la possibilità che tutta la zona venga valorizzata, quindi ogni singolo casale, e ce ne sono tanti, e tutti uno più bello dell’altro, e tutti saranno datati dal Seicento all’Ottocento e quindi hanno una valenza storica e andrebbero recuperati: la coscienza di tutti noi sta nel portare avanti questo progetto perché vengano recuperate delle cose che altrimenti, anziché consegnate alla storia, saranno consegnate alla rovina: tutti questi casali potrebbero essere valorizzati. Questo crea indotto, perché la ditta ci lavora, l’imprenditore crea l’azienda, ecc., e chiunque ha un casale viene valorizzato. Questo se vanno avanti tutte le aziende che stanno partendo: io sono il primo, ma ce ne sono altre tre a ruota, ce ne sono altre che prima stavano nascoste e adesso usciranno allo scoperto perché insieme come Pro Loco potremmo fare tantissimo: se passa l’eolico, la casa che adesso vale duecento varrà cento. Non è vendibile una casa che si ritrova delle pale sopra che fanno rumore, che fanno riflessi: una persona che vive sotto un impianto industriale eolico mi dice che un problema dell’eolico sono i riverberi del sole, non solo il rumore; quindi una persona che vive a Colle Umberto, anche se non vede direttamente le pale, subisce i riverberi, perché le pale sono orientate a sud-est, cioè al sole. Così il povero cittadino che ha faticato tanto per farsi la casa e l’ha pagata trecento mila euro, se la ritrova svalutata del cinquanta per cento.

E per quanto riguarda uccelli e selvaggina?

E’ una menzogna dire che i mulini a vento non danneggiano la selvaggina: sono ventidue grandi spaventapasseri alti cento metri sulla vetta del monte, che è famosa per la migratoria. Quindi addio colombacci, addio lepri, rimarrebbe probabilmente solo qualche cinghiale. A parte il rapace che ci va a morire tra le pale, qualsiasi animale viene cacciato dalle pale eoliche. Quindi l’avifauna viene massacrata o comunque scacciata.

Ma l’eolico può portare lavoro?

No, l’eolico toglie lavoro. La costruzione viene fatta dalla società danese che si porta i propri operai, i tecnici non sono certo umbri: l’ingegnere viene dalla Danimarca, l’operaio viene da Taranto. E intanto le occasioni di lavoro sostenibile si volatilizzano. Perché il parco eolico non violenterebbe solo la sommità del monte, tutta la cresta, ma anche i versanti: la strada per salire, per i trasporti pesanti, dovrà essere una camionabile con i tornanti; e poi bisogna portare la corrente elettrica alla prima cabina, a Ponte Pattoli: un altro squarcio nella montagna, in una zona meravigliosa. Finisce il Monte Tezio per sempre; rimangono decine di ettari cementificati sulla sommità e nessuno mai leverà quelle pale una volta montate: in America ci sono i cimiteri eolici, le wind farm. Fra sette anni, questa tecnologia sarà superata, e l’energia si ricaverà da idrogeno, biomasse e altre fonti. Entro dieci anni, sarà un’energia sorpassata. E allora perché fare questa violenza? Per guadagnare nell’immediato.