Da grande volevo fare lo scrittore

Francesco Guccini, cantautore e scrittore, dopo quattro anni di “silenzio” è tornato nel 2004 con un nuovo album e un nuovo romanzo. Sabato 20 marzo nell’aula magna della Facoltà di giurisprudenza dell’Università di Perugia, il cantautore più rappresentativo della musica d’autore italiana ha presentato la sua ultima fatica letteraria: “Cittanòva blues”.

Da grande volevo fare lo scrittore…

Ho sempre sognato di fare lo scrittore, sin da bambino. Sono stati i problemi “tecnici”, il dover scrivere a penna o con la classica macchina da scrivere, che mi hanno spinto verso le canzoni, più brevi e più immediate. Negli anni’80 il computer ha finalmente permesso, anche ad uno pigro come me, di poter scrivere e riscrivere e correggere gli errori e le frasi senza troppa difficoltà, così mi sono subito dedicato alla mia prima grande passione: la letteratura. Questo “Cittanòva blues” è un po’ il terzo episodio del racconto della mia vita. Dopo le “Cronache epafàniche” e i primi anni di vita a Pàvana, sull’Appennino modenese, e dopo gli anni dell’adolescenza a Modena di “Vacca di un cane”, questo terzo libro parla del mio arrivo a Bologna. Bologna in cui, in quegli anni ’60 e ’70, successe un po’ di tutto.

Bologna la “capitale”

Bologna divenne un po’ la capitale degli anni settanta, per lo meno dei “miei” anni ’70. E’ lì che riscoprimmo le osterie, a Modena confinate a ritrovo per anziani. E’ lì, ma un po’ più tardi, che ci fu la grande presa di coscienza politica di una generazione. Nel romanzo, con un linguaggio “ambientale” fatto di italiano, bolognese e inglese “violentato”, ho raccontato, sfumati e smussati nel ricordo, gli umori, i suoni e colori di quegli anni.

“Politico” senza partiti

E’ assolutamente un romanzo che non parla di politica, almeno nel senso più abusato del termine. Spesso mi viene chiesto se mi rendo conto di essere, più o meno forzatamente, strumentalizzato dalla politica. Il fatto che mi sia sempre schierato a sinistra non vuol dire però che io abbia un partito o una formazione di appartenenza; così come l’aver scritto “La locomotiva” non vuol dire che in tutti questi anni io abbia solo cantato canzoni “politiche”.

Raccontare senza retorica

Sono, semmai, politico in un senso più ampio, in quanto interessato a ciò che mi, e ci circonda. E ho sempre cercato, nelle canzoni, di farlo senza retorica. Così nella canzone dedicata al Che, che nasce da un’idea di trent’anni fa ma è venuta alla luce solo nel disco precedente; così in quella dedicata ai tragici fatti di Genova del luglio 2001. Lì, data la vicinanza dell’episodio, il rischio di cadere nella retorica era alto, per questo ho lasciato passare un po’ di tempo, ho voluto digerire tutto. Poi, tornando a Genova, passeggiando per quella Piazza Alimonda tornata alla normale cadenza quotidiana, nel contrasto tra la violenza di quei giorni e lo scorrere normale della vita, è nata la canzone.

Le canzoni nascono dai ricordi

Anche in questo caso in un certo senso ho fatto ricorso alla prospettiva del ricordo. Il tempo che passa, la nostalgia per ciò che è stato, sono da sempre tematiche presenti nelle mie canzoni e nei miei lavori. I ricordi sono fondamentali, ti danno la spinta per andare avanti, per continuare; il presente, di per sé, non esiste. Le mie canzoni sono per questo molto autobiografiche, solo poche sono completamente inventate. Anche quando parlo di personaggi fantastici (Ulisse, Cyrano o Don Chisciotte), è semplicemente il pretesto per raccontare una storia che, bene o male è anche mia. Ogni scrittore è sempre in parte autobiografico, parte sempre dalle proprie esperienze Ciò poi mi serve anche per “autopsicanalizzarmi”, per evitare di essere sopraffatto dalla malinconia per il tempo andato senza dover far ricorso agli psicologi che, tra l’altro, mi dicono essere carissimi!

I romanzi “montanari”

La musica, le canzoni, sono sicuramente una parte importante della mia vita anche se, come detto, il mio sogno era quello di diventare uno scrittore. Il romanzo ti da più possibilità di raccontare, mentre nella canzone devi concentrare tutto quello che vuoi dire in poche righe e in pochi minuti. Oltre a questi tre libri più strettamente autobiografici ho scritto, in collaborazione con Loriano Macchiavelli, alcuni gialli che io definisco “montanari”, un po’ come me. Per il futuro invece sto lavorando a racconti lunghi su invenzioni impossibili…

Canzone d’autore o poesia?

Tornando invece alla musica, spesso mi viene chiesto di prendere posizione sull’annoso dibattito sulla natura più o meno poetica della canzone d’autore. Personalmente ritengo che la differenza non sia qualitativa, ma per così dire “strutturale”. Canzone e poesia utilizzano modi diversi per comunicare il proprio messaggio. La poesia utilizza una via sicuramente meno immediata rispetto al testo musicato, ed è per questo che ha meno pubblico rispetto alle canzoni o agli stessi romanzi. Stesso discorso si può fare per la musica d’autore, “colta” o sperimentale, rispetto a quella più cominciale o “pop”. E’ logico che un mezzo più immediato e semplice ha più pubblico rispetto ad un altro di più difficile comprensione e decodificazione.

L’amore per la musica argentina

Per quanto mi riguarda amo molto la musica argentina, mentre non conosco bene quella che va oggi per la maggiore. Ascolto ogni tanto per curiosità i lavori dei miei colleghi cantautori, tra i quali ho anche alcuni buoni amici, Vecchioni e Lolli su tutti. In generale non ascolto però molta musica, anche perché non riesco a portare avanti due cose contemporaneamente e ho bisogno di concentrarmi su quello che faccio.

Cosa farò da “grande”?

Sarà che poi in fondo sono veramente pigro, caratteristica che c’è chi si ostina a definire un difetto mentre per me non lo è affatto, ma anche per il futuro voglio continuare a fare le cose che mi piacciono, cantare e scrivere e così via, senza starmi troppo a preoccupare. E senza prendermi neanche impegni a lunga scadenza. Va da se che prima o poi dovrò anche andare in pensione, vorrete mica farmi continuare a lavorare fino a novant’anni?

Filippo Costantini