Sul sentiero degli spaventapasseriTra cultura locale e partecipazione Intervista a Mauro Monella
DA LA BRUNA, IN PIANO, SU VERSO IL CASTELLO DI CASTEL RITALDI, SI SNODA, ACCANTO ALLA CARROZZABILE, UN PIACEVOLE PERCORSO ATTREZZATO, PAVIMENTATO A MATTONCINI E SORVEGLIATO DA CURIOSI GUERRIERI, CHE, AL POSTO DELLE ARMI, MOSTRANO DEI LEGGII CON STORIE FANTASTICHE, FIABE, RACCONTI. SONO I LAMPIONI DEL PERCORSO, CHE L’ARCHITETTO MAURO MINELLA HA DISEGNATO CON LE FORME GROTTESCHE E UN PO’ BURBERE DEGLI SPAVENTAPASSERI. CI È VENUTA LA CURIOSITÀ DI ANDARE A TROVARE L’ARCHITETTO MONELLA. IL SUO STUDIO, A PERUGIA, È RICAVATO IN UNA ANTICA BOTTEGA ARTIGIANA DI PORTA SANT’ANGELO, E DELLA BOTTEGA ARTIGIANA HA CONSERVATO L’ASPETTO: TAVOLI INGOMBRI DI LAVORI IN CORSO, SCAFFALI, SGABELLI, ATTREZZATURE, RIVISTE APERTE, ROMANZI UN PO’ SGUALCITI, LAMPADE ABBASSATE. MAURO MONELLA APRE GLI APPUNTI, GLI SCHIZZI, CI MOSTRA COME DA UNA INTUIZIONE SIA GIUNTO A SVILUPPARE IL PERCORSO PEDONALE ATTREZZATO DI CASTEL RITALDI. Volevo dare a chi arriva a Castel Ritaldi subito una immagine del “paese delle fiabe”: questa è ormai l’immagine che la cittadina si è costruita; e cercavo il modo di rendere significativo il percorso come ingresso al paese che rimandasse a questa immagine. Vedendo il luogo, mi è venuta l’idea di connotare questo ingresso rispolverando un oggetto che ha a che fare con le tradizioni contadine, cioè lo spaventapasseri. L’antefatto è che la prima volta che sono andato sul posto, ci ho portato i miei figli: abbiamo visitato il paese e il territorio circostante; tornando, si sono messi a scrivere una storia sugli spaventapasseri, riprendendo la leggenda del fantasma che abita il castello di Castel Ritaldi, che era un fantasma fastidioso; e per contrastare il fantasma, hanno inventato gli spaventapasseri, anche automatizzati, perché sono i figli di quest’epoca, e alla fine prevale il bene sul male, e quindi rimangono questi spaventapasseri, che, colorati sul ritmo dell’arcobaleno, da sentinella della terra a difesa del coltivato, diventano i sentimenti della pace, stimolatori della fantasia e della creatività. C’è anche un richiamo all’arcobaleno, , che unisce la terra e il cielo. Certo; quindi c’è questo invito a non perdere la dimensione onirica della vita, la presenza del sogno. Così sono nati i lampioni con le loro facce strane di spaventapasseri, ognuno ha una faccia diversa, sono trentanove che illuminano il percorso, e ognuno di essi svolge una funzione: molti hanno dei leggii, che servono a fare l’esposizione all’aperto sia delle fiabe che partecipano al concorso letterario; e poi c’è uno spazio aperto che può essere gestito per manifestazioni. Dunque non è solo un percorso di lettura? Diciamo che è un percorso multifunzione: c’è un accompagnamento tra scultura e paesaggio, reinterpretando alcuni valori che hanno accompagnato l’uomo nel corso dei tempi, e in particolare le varie forme antropomorfiche con cui l’uomo si è rappresentato; e forse questa dello spaventapasseri è quella meno nota: infatti una storia dello spaventapasseri non c’è; c’è la storia della statua, del burattino, della bambola, ma questa è una delle forme meno note; ed è interessante che non si conosce mai l’autore. Ha una diffusione geografica praticamente illimitata; l’uomo doveva difendersi dagli uccelli, quindi doveva trovare una sentinella a tempo pieno che proteggesse il raccolto: lo spaventapasseri è questo. La tradizione dei guardiani dei campi affonda nell’antichità…Si, sono stati ritrovati idoletti di coccio o pietra; ho letto che qualcuno fa riferimento anche a Priapo, anche se questo doveva spaventare le persone, ed è legato al culto della fertilità, però c’è comunque un rapporto con la difesa del raccolto. L’idea era quella di rispolverare questa tradizione, che tra l’altro sta scomparendo; è una tradizione legata soprattutto alla mezzadria; oggi usano le buste, o le bottiglie di plastica, cose che fanno rumore col vento. Qual è il rapporto tra la cultura degli abitanti e il progetto dell’architetto?Il progetto è nato dalla fantasia di un racconto, e si è concretizzato: a questo punto, il progetto diventa ancora più interessante. La scuola, che si trova esattamente a monte del percorso, ha iniziato a trattare l’argomento degli spaventapasseri: e questo è diventato uno stimolo di studio per questi ragazzi, che hanno iniziato a loro volta a disegnare e raccontare storie sugli spaventapasseri. Questa esperienza dovrebbe terminare con l’adozione, da parte della scuola, del percorso. Si è innescato un meccanismo per cui, partendo dalla cultura locale che ha fatto nascere un racconto stimolante, è stata realizzata un’opera che a sua volta ha stimolato i ragazzi della scuola ad approfondire ulteriormente il tema in vista dell’obiettivo dell’adozione. Infatti, una delle cose che era avvenuta appena realizzato il percorso è che qualcuno ha cominciato a prendere a sassate le sculture, viste probabilmente come qualcosa di ostile: questo capita spesso; invece, con il coinvolgimento della scuola, si compie una cosa bellissima che è quella del riappropriarsi di questi spazi e di condividerli e di curarli. Con l’adozione, scatterà anche un meccanismo di cura. L’importante è che il cittadino deve prendersi cura , una volta condiviso il progetto, e dovrebbe partecipare, specialmente per la trasformazione dei luoghi pubblici, anche in sede progettuale, altrimenti il progettista cannibalizza la cittadinanza, nel senso che inventa qualcosa e lo porta lì. Invece qui abbiamo sposato i valori della tradizione, quindi la gente ci si riconosce, almeno nella generazione dei genitori e nonni di questi ragazzi, ne condividono la cosa, e poi la curano, e quindi la difendono e la mantengono, sviluppando anche altri temi. E questo è un fattore di democrazia, per cui le amministrazioni dovrebbero tenerne conto prima di trasformare un luogo per fare ad es. un intervento di arredo urbano, per coinvolgere le persone che abitano nel luogo, per conoscerne le esigenze ed anche la cultura. La creatività dell’architetto è nel saper tradurre in progetto le idee che nascono dalla partecipazione.
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