Intervista all’avv. Urbano Barelli Urbano Barelli, presidente della sezione perugina di Italia nostra, è intervenuto con alcuni articoli sulla stampa locale per denunciare la serie impressionante di attacchi al territorio che vengono annunciati, con toni trionfalistici, dalle amministrazioni locali. Gli abbiamo chiesto di spiegarci le ragione della sua preoccupazione per il futuro di Perugia e dell’Umbria. Le preoccupazioni maggiori sono quelle legate alle scelte urbanistiche, alla crescita disordinata della città, all’espansione che si è avuta in questi anni del tessuto urbanistico, una crescita che non è stata accompagnata da un disegno organico, bensì una crescita occasionale, che ha determinato uno dei dati più rilevanti e nello stesso tempo preoccupanti della nostra realtà cittadina e provinciale, cioè quello dell’eccessivo aumento del mezzo di trasporto privato: Perugia è tra le città che hanno il più alto tasso di mezzi privati per numero di abitanti e questo determina problemi di traffico che vediamo quotidianamente, ma determina anche un preoccupante aumento del livello di inquinamento della città. Il dato di grande rilievo e preoccupazione, per non dire scandaloso, è che di questo livello di inquinamento non si parla per nulla; i dati sull’inquinamento sono pubblicati solo nel sito dell’Arpa, uno strumento non sempre facilmente accessibile, e non diffusi, come la legge prevede, non sono portati a conoscenza di tutti i cittadini; in altre città, ad esempio Roma e Milano, già da tempo è indicato il livello della qualità dell’aria nei pannelli mobili che anche Perugia ha, e quindi non sarebbe un problema farlo anche a Perugia, e questi pannelli mobili a Roma e Milano indicano se la qualità dell’aria è buona, scarsa o pessima, in modo che le cosiddette categorie a rischio, in particolare i bambini e gli anziani, possano di conseguenza organizzarsi e provvedere. Quindi manca l’elemento basilare per poter consentire al cittadino di rapportarsi ad una realtà comunale che è cresciuta ed in questo crescere ha determinato questo problema di inquinamento del quale non si parla, del quale non si dà notizia. Naturalmente, il primo livello è quello dell’informazione, che non viene data; men che meno si arriva al secondo livello, che è quello di adottare dei provvedimenti in caso di persistenza dell’inquinamento per più giorni consecutivi. Questo, negli ultimi mesi, è accaduto tre volte, due volte ad ottobre e una volta a novembre, c’è stato uno scarno comunicato dell’Arpa la seconda volta a novembre, per poi tornare nel dimenticatoio; ma già nella ultima settimana di novembre c’è stato un livello di inquinamento, per le polveri sottili, che è arrivato al livello di 78: se consideriamo che, per lo scorso anno, il livello massimo era 52, quest’anno già siamo molto al di sopra. Quindi è un dato gravissimo che l’amministrazione non tenga conto di questi dati di inquinamento. C’è anche una preoccupazione per gli interventi urbanistici dell’amministrazione? Io vedo collegate le varie questioni: urbanistica, traffico, inquinamento, nel senso che ho l’impressione che la mancanza di provvedimenti dell’amministrazione in merito ai livelli alti di inquinamento che registriamo in città sia dovuta al fatto che si vuole minimizzare l’incidenza negativa del traffico urbano anche sulla salute, oltre che nelle ore perse in mezzo al traffico, per arrivare con minore opposizione alla realizzazione del nodo di Perugia, dell’autostrada che è stata progettata, di una serie di infrastrutture che si dice siano necessarie per Perugia, mentre non si interviene su quello che secondo me rimane un dato centrale, cioè sul miglioramento della qualità dei servizi pubblici, e quindi la riduzione del traffico privato. La preoccupazione di Italia nostra riguarda solo il patrimonio culturale della città e il paesaggio, o anche lo star bene dei cittadini? Italia nostra ha una preoccupazione che si riferisce all’ambiente come entità complessiva, composta di vari elementi, partendo dall’elemento che storicamente Italia nostra ha sempre trattato, quello del patrimonio culturale, per arrivare comunque anche alla salute dei cittadini. Teniamo conto che nella questione del traffico sono strettamente collegati perché l’inquinamento ha una incidenza negativa anche sui beni culturali e sui beni ambientali, complessivamente intesi: basta vedere i monumenti di Perugia o le facciate delle case di Perugia. Non si riescono a vedere i monumenti…Con l’attuale livello di traffico, non si può nemmeno godere dei beni che Perugia può sfruttare nella attività turistica, perché il traffico cittadino non consente una visione ed un turismo adeguato; e questo è legato anche al fatto che abbiamo un centro storico che è fintamente chiuso, per mezza giornata, mentre abbiamo un centro storico che, a parte tutte le polemiche legate alla Ztl (zona a traffico limitato), è un centro storico essenzialmente aperto alle auto. Quindi occorrerebbe tornare a riflettere meglio sulle zone a traffico limitato, sicuramente puntare alla chiusura totale del centro storico, e vedere di creare ulteriori zone di riduzione del traffico nella città, incrementando i mezzi pubblici e riducendo l’ingresso delle auto nel centro storico. Certo, questo contrasta contro una politica del comune che tende invece a utilizzare il traffico privato per le zone a strisce blu, per le multe del Situ, ecc. Quindi ci sono anche dei forti interessi economici in gioco, e questo è certamente un dato difficile da scardinare. C’è anche un interesse di Italia nostra per le zone della periferia urbana, che hanno un patrimonio storico-architettonico minore ma dove vive la maggior parte dei perugini?Si, certo, la nostra riflessione riguarda l’intero assetto urbanistico della città; il tentativo è di riflettere su questa crescita disordinata, questa estensione dell’agglomerato urbano che porta alla distruzione del territorio pregiato intorno a Perugia, porta a un degrado complessivo, perché poi queste realizzazioni disordinate non sempre hanno ubbidito ad adeguati criteri estetici o di funzionalità, e il vivere in territori degradati comporta, come si vede quotidianamente, anche un degrado sociale. Sono dati strettamente correlati tra loro: Italia nostra tende e ha teso alla tutela del paesaggio, ritenendolo un bene primario, ma non nella mera funzione estetizzante, nel suo valore estetico, ma anche come valore che poi ha una ricaduta nel tessuto sociale. In sostanza vivere nel bello aiuta a vivere meglio, vivere in una realtà degradata non aiuta di certo. In questi giorni ha fatto degli interventi sul “silenzio” della classe dirigente e degli intellettuali… Questo ritengo che sia un problema per l’Umbria. Su questo ho intenzione di intervenire, quando ci sarà l’occasione, per fare una riflessione più ampia, perché l’Umbria si trova ad affrontare delle sfide importanti: il federalismo impone alle regioni di diventare innanzitutto autosufficienti, sotto il profilo delle imposizioni e del prodotto interno lordo delle singole realtà regionali, cosa che l’Umbria non è ancora in grado di fare. La competizione a livello mondiale oggi richiede che una realtà piccola come la nostra comunque si confronti in una dimensione ampia, che richiede dinamicità, ma soprattutto dialogo, dibattito, comprensione delle modifiche in atto, e dinamismo: allora il silenzio che si manifesta su problemi così rilevanti per il futuro della nostra regione, come quello delle infrastrutture, che faranno dell’Umbria, secondo i progetti che sono stati via via approvati o proposti, il cuore stradale d’Italia, mettendo nell’armadio lo slogan del cuore verde d’Italia, relegandolo all’epoca che fu, il fatto che non si rifletta su questo mutamento, che è mutamento anche di identità dell’Umbria, pone un problema di democrazia, ma anche di ricadute economiche. Il tessuto economico necessita di un contesto nel quale potersi sviluppare, che dev’essere un contesto attivo, dinamico e capace di confrontarsi con realtà che cambiano. Se non ci si confronta nemmeno con i cambiamenti interni, non si ha la percezione di quello che avviene nel mondo; e nel mondo sta avvenendo un cambiamento epocale, siamo passati dalla società industriale alla post-industriale, che richiede degli interventi di tipo diverso, rispetto a quelli tradizionali, per cui lo sviluppo oggi non è più quello di costruire autostrade, bensì quello di valorizzare paesaggio, patrimonio, e attività immateriali: cultura e creatività. Allora, se non avviene il dialogo quando si discute del destino dell’Umbria, temo che non verrà fuori nemmeno nei confronti di queste scommesse più ampie che l’Umbria ha davanti. Spesso si pensa che le infrastrutture o gli insediamenti industriali servano a favorire l’occupazione: questa è una prospettiva realistica per l’Umbria? Mi sembra che l’Umbria non possa inseguire un modello superato: la società industriale è stata superata da quella post-industriale, dove al centro della produzione non ci sono più i beni materiali e le autostrade e le opere pubbliche impattanti, ci sono invece i beni cosiddetti immateriali, come la cultura e la conoscenza. Un esempio per capirci: non è un caso che l’uomo più ricco del mondo è Bill Gates, e cioè uno che produce programmi (software), e non uno che produce macchine (hardware): quindi la macchina non fa la differenza, perché la macchina può esser costruita dappertutto, quello che fa la differenza è quello che ci sta dentro: i contenuti, l’intelligenza e la tecnologia, ecco il vero fattore di competitività. Allora l’Umbria che ha un enorme patrimonio paesaggistico e culturale, ma anche un enorme patrimonio di intelligenze con le sue due università, quindi ha delle potenzialità notevoli, non riesce ad esprimerle perché la realtà che emerge è una realtà ripiegata su se stessa, dove nemmeno si discute di una autostrada che rischia di spaccare in due la regione con le conseguenze che possiamo immaginare. Posso capire le forze politiche: ma da questo dibattito mi sembrano assenti anche l’università, le forze culturali… Sembra di si: e il tentativo, con i miei interventi, è stato quello di suscitare questo dibattito. Devo dire che delle reazioni ci sono state, infatti ho ricevuto numerose telefonate personali; ma questo è anche sintomo di una difficoltà ad esprimersi, nel senso che le telefonate personali fanno piacere e sono gratificanti, però una presa di posizione pubblica è un’altra cosa, ha un altro impatto. Mentre mi sembra di esser lasciato da solo. In sostanza, si tratta di rilanciare un dibattito sul modello di sviluppo. Certo: non è un confronto tra ambiente e sviluppo, visto uno contro l’altro, ma un confronto tra due diversi modelli di sviluppo: quello del centro-destra e quello della Presidente della Regione è quello vecchio, quello di chi vuol costruire autostrade sopra una superstrada, che già è un non senso in sé, è un modo vecchio di intendere lo sviluppo, ed è superato dalla realtà di oggi. Quindi destra e sinistra si muovono in Umbria entrambe all’interno del vecchio modello di sviluppo. La mancanza di dibattito è emblematica, è espressione di un clima che si vive nella realtà regionale, che pende tutto ad assorbire all’interno dell’attuale assetto di governo regionale, per tutto in qualche modo parte ed è ricondotto alle amministrazioni regionali, nel senso che, a livello comunale e regionale, mancano elementi di dibattito ma anche momenti di verifica e controllo dell’attività delle amministrazioni. La decisione sull’autostrada, o meglio il progetto dell’autostrada, è stato deciso dalla Lorenzetti con Lunardi, con il presidente dell’Emilia-Romagna, ecc.: nessun consiglio comunale, o provinciale, o regionale, che io sappia ha mai discusso, e men che meno approvato, un progetto del genere. Quindi c’è un problema di democrazia; c’è un problema di bilanciamento dei poteri, perché nella dinamica dello svolgimento dell’attività amministrativa c’è un Presidente, ed una Giunta, che decidono, poi ci sono dei poteri che sono preposta alla verifica ed al controllo: il Consiglio regionale, ma anche un Difensore civico. La questione del Difensore civico è espressione di una insofferenza delle nostre amministrazioni nei confronti di soggetti che legittimamente sono preposti al controllo dell’esercizio del potere. Allora, che in Regione non sia stato nominato il Difensore civico da anni, che nel Comune di Perugia non sia mai stato nominato, è significativo di una caduta della democrazia. Se poi aggiungiamo che il direttore dell’Arpa, l’ente più importante a livello regionale a vigilare sull’ambiente, è stato nominato un segretario dei Ds, è una logica dalla quale non si esce, per cui poi tutto deve rimanere sotto il controllo delle amministrazioni. Ma questo è un male per la democrazia, è un male complessivamente per la società. Ecco allora la difficoltà per le persone di cultura, ma anche degli altri soggetti interessati, ad uscire pubblicamente, esprimendosi contro un progetto che viene da queste amministrazioni.
|