Le fiabe e la cultura in Umbria A colloquio con Roberto Abbondanza QUALE LUOGO MIGLIORE DELLA BIBLIOTECA AUGUSTA PER INCONTRARE ROBERTO ABBONDANZA, IL QUALE TANTO SI È BATTUTO AFFINCHÉ A PERUGIA LE BIBLIOTECHE RIMANESSERO APERTE ANCHE IL SABATO. UOMO DI CULTURA E UOMO POLITICO, DOCENTE UNIVERSITARIO DI STORIA DELLE ISTITUZIONI POLITICHE, ASSESSORE COMUNALE E POI REGIONALE ALLA CULTURA, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE, IN QUESTI ANNI È IMPEGNATO ATTIVAMENTE NEL PORTARE AVANTI L’IDEA DI CULTURA “ALTA”, NELLA SITUAZIONE «TRAGICA» IN CUI OGGI VERSA LA CULTURA IN ITALIA. OCCASIONE DELL’INCONTRO CE L’HA DATA CASTEL RITALDI, IL PAESE DELLE FIABE, E IL PREMIO LETTERARIO “MARIO TABARRINI” DI CUI ABBONDANZA È STATO PER SEI ANNI PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE GIUDICATRICE.
Come è iniziata questa esperienza? Tutto cominciò nel 1999. Fu un mio giovane allievo a raggiungermi con una telefonata dicendo che il sindaco e l’assessore alla cultura del comune di Castel Ritaldi desideravano coinvolgermi nel progetto di un premio letterario per fiabe inedite. Mi ricordai così di aver conosciuto molto tempo prima Mario Tabarrini, per la pubblicazione di un suo libro. Il fatto di avere conosciuto Tabarrini, che Castel Ritaldi fosse la sua città natale, che un mio studente mi avesse indicato per questo progetto, mi fece piacere e decisi di accettare, felice di rispondere all’invito di un comune che aveva avuto il gusto di organizzare un premio finalmente non guidato dalle case editrici. Partecipai con entusiasmo ai primi passi. L’iniziativa cominciava ad avere successo, aumentava di anno in anno la partecipazione, e Castel Ritaldi ebbe la sua prima biblioteca comunale che doveva essere specializzata nelle fiabe. Lì trovai la collaborazione di validi insegnanti, dell’ottimo direttore didattico Alfiero D’Agata, degli amministratori, ritrovai gli ex allievi dello spoletino e l’aiuto di quanti hanno cercato di valorizzare attraverso questo premio letterario la cultura della fiaba. Da parte mia, portai la scrittrice Carla Sereni e la cara amica Anna Belardinelli. Poi, verso la metà del 2003, a far parte della commissione entrò la professoressa Clara Cecchini che mi permise di avvicinarmi al mondo della cultura popolare.
Qual è il suo rapporto con la cultura popolare della fiaba? La cosa che subito mi colpì fu scoprire che Italo Calvino nella sua raccolta “Fiabe Italiane”, non prese in considerazione le fiabe in Umbria. Ma l’Umbria, come ricorda Clara Cecchini, già possedeva un patrimonio di racconti, tramandati nel circuito delle veglie contadine, ma affidati solo alla memoria e all’oralità. Il libro della Cecchini mi portò alla conclusione che era possibile colmare la lacuna lamentata da Calvino attraverso la ricerca, permettendo a questo filone della storia culturale di avere sicure prospettive di sviluppo a condizione, però, di avere il sostegno e lo stimolo dei soggetti istituzionali. Oggi le favole hanno cambiato spazi e destinatari e sono raccontate dai nonni ai nipoti per farli divertire e star buoni; un tempo rappresentavano, invece, una scuola di vita, coinvolgevano la formazione dell’individuo e trasmettevano indicazioni di comportamento. Le “profacole”, raccontate intorno al camino, in questa comunanza di età che andava dai ragazzini agli anziani, costituivano uno strumento di interpretazione fondamentale della realtà, straordinariamente importante per la creazione e la compattezza della società. Riscoprirle, oggi, ci permette un riavvicinamento alle nostre tradizioni e alle nostre radici, a una cultura che merita di essere riportata alla luce. È così che partendo dal premio letterario “Mario Tabarrini”, Castel Ritaldi è riuscita a promuovere una ricerca nel suo territorio, “Fiabe tradizionali a Castel Ritaldi”, attraverso la riscoperta della sua tradizione orale. Ero affascinato e vidi con piacere come l’assessore alla cultura Aura di Tommaso e il sindaco Francesco Venturini sostennero la pubblicazione dei risultati, grazie alla collaborazione degli alunni e insegnanti delle classi della scuola media.
Quale augurio rivolge a Castel Ritaldi? Io credo che questa sia un’iniziativa da conservare e aiutare, ma so bene quanto sia difficile oggi avere l’aiuto delle amministrazioni. Questa esperienza va vista considerando la situazione tragica della cultura in Italia dove stiamo pagando, come ha scritto il senatore Salvi, il “costo della democrazia”. Nel momento in cui si affacciavano i tagli clamorosi alla cultura, se lo Stato si ritira, è necessario che la Regione tagli una fetta del suo bilancio e la destini a quelle iniziative che certamente costituiscono l’orgoglio del suo territorio. Nonostante questa finanziaria crudele, di cui certo ha colpa il governo, le amministrazioni locali hanno l’obbligo di salvaguardare il proprio patrimonio culturale, anche quello che non si mette nei musei di eccellenza. Il mio augurio è quello che le istituzioni si accorgano di chi ha già un patrimonio e lo aiutino a valorizzarlo.
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