Gli angeli del 2004 stanno dietro le sbarre

Intervista a Sergio Staino

Sergio Staino è nato a Piancastagnaio, sul Monte Amiata, in provincia di Siena, nel 1940, dove ha trascorso i primi anni della sua vita insieme alla giovane madre, dato che il padre era partito per la guerra il giorno prima della sua nascita: “ Credo che la mia passione per il disegno sia nata lassù, nelle giornate trascorse a giocare con mia madre. Mi raccontava delle favole che poi insieme disegnavamo.  Ma ve la immaginate voi la gioia di un bambino che non deve dividere sua madre, non dico con un fratello o una sorella, ma neanche con suo padre?”.  Anni dopo si laureerà in Architettura, insegnando per alcuni anni materie tecniche nelle scuole medie nell'area fiorentina. Anche per questo, si è stabilito sulle colline presso Scandicci, dove tuttora risiede con la moglie peruviana Bruna e i figli Ilaria e Michele (nonché figli dell’alter-ego Bobo, per intenderci!).

Ma il mestiere dell’ architetto conteneva in sé una contraddizione insopportabile, infatti: “Per fare l’ architetto bisogna costruire bei palazzi, per costruire bei palazzi bisogna lottare contro la speculazione edilizia, per lottare contro la speculazione edilizia non bisogna fare l’ architetto ed è per questo che ho deciso di cambiare strada”. Nuova e fortunatissima sarà quella del Fumetto, che gli servirà per descrivere, parafrasandola, la crisi politica ed esistenziale nella quale si stava (e si sta) smarrendo l’ Italia dei suoi anni. Staino vi si avvicina abbastanza timidamente, ignorando di divenire a tempo di record una delle firme satiriche italiane più importanti e popolari. A fumetti, descriverà un po' se stesso e un po' i turbamenti della sua generazione sessantottina attraverso il personaggio di Bobo, Ha ottenuto numerosi riconoscimenti tra i quali si ricordano almeno, nel 1984, il Premio Satira Politica Forte dei Marmi e lo Yellow Kid come "miglior autore" al Salone Internazionale dei Comics, il Premio Tenco/Canzone e fumetto nel 1986 e il Premio Persea 2002, consegnatogli a Firenze nella convention Comicstrip.

Attualmente disegna per “L’Unità”, “Il Corriere della sera” e “Sette” con il prezioso aiuto del figlio Michele (Ilaria, come quasi tutti i ventenni ha sempre preferito servire ai tavoli di un ristorante, piuttosto che lavorare col babbo!): date le pessime condizioni dei suoi occhi, Michele ricompone e colora al computer la vignette che Staino realizza con gesti eseguiti praticamente a memoria… “I miei figli hanno sempre avuto un rapporto particolare con il mio lavoro: ricordo una scenata furibonda di Ilaria perché aveva scoperto l’ abbozzo di due piccoli seni, come i suoi di adolescente, alla Ilaria di una vignetta. L’aveva sconvolta scoprire con quanta attenzione la osservasse questo padre apparentemente innocuo. Michele, senza il quale non saprei come fare oggi come oggi, ha dimostrato una certa  attenzione al look del suo figurino: l’ ho visto aggiungersi dettagli significativi o abbellirsi, ma forse l’ avrei fatto anch’ io alla sua età!”.

Per cercare di uscire da questo lavoro un po’ solitario e ultimamente difficoltoso dal momento che “La satira funzione se qualcuno dice cose ipocrite ma è serio, però se uno è un’ ipocrita e dice ipocrisie è un problema…” ha messo a frutto conoscenze arrivate con la notorietà: “Ma ve l’ immaginate? Adoravo Guccini ed ora sono amico di Guccini, mi piaceva Paolo Conte ed ora sono suo amico e così via per Andrea Pazienza, Paolo Hendel fino ad arrivare ad Adriano Sofri”. Tra gli altri suoi lavori recenti, infatti ci sono le illustrazioni (con la nipote Isabella Staino) del racconto di Adriano Sofri “Gli angeli del cortile” (Einaudi 2003), scritto in origine per essere letto in carcere la notte di Natale, come ogni anno come quello pubblicato per il Natale 2002. Gli anni passano infatti.

“Quella con Sofri è una bellissima, seppur inaspettata amicizia: veniamo tutti e due da esperienze nella sinistra extraparlamentare , ma da giovani ci odiavamo, o meglio, non so se lui odiasse me, ma lo odiavo da morire! Lui stava con Lotta Continua, era un leader carismatico e…beh, pieno di donne…io stavo con i marxisti-leninisti e, apparte un certo rigore teorico, di fatto frequentavo le fabbriche che, notoriamente, non sono il posto più adatto per le conquiste. Apparte gli scherzi però, nel 1988 quando un certo Marino ha confessato che l ‘assassino del comissario Calabresi era, tra gli altri, Adriano Sofri, nonostante tutta l ‘antipatia ebbi la sensazione che ci fosse in atto la costruzione di un teorema. A Dc e Pci faceva comodo…” Con gli anni gli estremismi si mitigano, ma tra Staino e Sofri resta un comune denominatore: la sinistra. La loro amicizia viene però interrotta dall’ incarcerzione di Sofri, tanto amara per la famiglia Staino “ i miei figli stavano ore ad ascoltarlo e persino a Trivial Pursuit li incantava più del padre!”.

 

La favola di Natale, scritta nel 2002 ma pubblicata l’ anno successivo è una realistica raffigurazione di un mondo parallelo a quello delle cosiddette “persone normali”. Un mondo in cui persino gli angeli custodi sono malridotti e stropicciati e, per mancanza di spazi, preferiscono passare la notte in cortile a guardare le stelle, piuttosto che in cella a respirare il fumo delle 'alfa' e a litigare per il posto migliore nei letti a castello. E mentre gli angeli stanno a guardare il cielo “… i detenuti scendono in una notte che assomiglia ad un sepolcro e si chiedono, spaventati, se non moriranno soli come cani, prima di domani mattina.” Questi angeli subiscono persino il disagio esistenziale della disoccupazione quando si accorgono che il proprio protetto è stato portato  frettolosamente via durante la notte “e francamente non si capisce perché i trasferimenti dei detenuti debbano essere effettuati di notte!”. Racconto triste quello che Adriano Sofri legge ogni Natale ai suoi compagni detenuti. Un racconto percorso però dall’umanità intensa del narratore, dal suo grande e orgoglioso senso di dignità, dal suo voler tenere, comunque, la testa alta.
Ed è una storia animata dai disegni commossi di Sergio ed Isabella Staino, che  superano il semplice vignettismo:
"...il racconto di Adriano era troppo poetico. Ho pensato che la pittura a olio fosse più profonda." Concludiamo con un estratto della prefazione scritta da Adriano Sofri, più eloquente di qualunque commento:
“Da qualche anno io, per tradizione, scrivo un racconto di Natale e lo leggo ai miei compagni di galera. Succede così: c’è una Messa particolarmente solenne (…) Per l’occasione partecipano alla Messa insieme tutti i detenuti, donne e uomini, condannati, imputati, ricoverati del centro clinico con un pigiama bigio, credenti e non credenti, cristiani e musulmani ed ebrei (…) Alla fine della Messa tocca al mio racconto, che viene ascoltato con grande pazienza e comprensione. Naturalmente i prigionieri sono più pazienti del resto delle persone, le quali hanno di meglio da fare che stare ad ascoltare le mie storie. Detto fra noi, il mio racconto non è un granché, ed è scritto alla buona proprio per quelle persone lì, che vivono insieme per forza e passano insieme un loro ennesimo Natale e si riconoscono: è bello riconoscersi in un racconto.”

                                                                                               Roberta Mancinelli