|
La Piccola Cooperativa MediAzioni
Intervista a Sandro
Mazzi
ATTORNO AL LAVORO DI ALDO
CAPITINI SI È CREATA UNA RETE DI CONTATTI E PRESENZE DI CUI CERTO PERUGIA
HA COSTITUITO UNO DEI NODI PIÙ IMPORTANTI: E TRA QUESTI
INTERLOCUTORI DI CAPITINI E FREQUENTATORI DI
PERUGIA, DANILO DOLCI È STATO UNO DEI PIÙ COINVOLGENTI. DI TALE LAVORO
RESTA UNA GRANDE FORZA,
FORSE POCO APPARISCENTE O SOTTO TRACCIA COME SUOL DIRSI, MA DIMOSTRATA
ANCOR OGGI DALLA SUA
CAPACITÀ DI PRODURRE IDEE E ATTIVITÀ INNOVATIVE. NE PARLIAMO CON SANDRO
MAZZI, AUTORE DI UN
ATTENTO LAVORO DI STUDIO SULLE DUE FIGURE, E DECISO A TRADURRE IN CONCRETO
LE STIMOLAZIONI
CULTURALI DI DANILO DOLCI.
Ho conosciuto Danilo Dolci
nel gennaio 1995, all’interno di un corso del prof. Gaetano Mollo, e fu
una esperienza bellissima
e molto coinvolgente; così ho letto i suoi libri, e ho deciso di andare
da lui a vedere che cosa faceva in Sicilia; questo è
accaduto nel 1997. Lui mi ha invitato direttamente a casa sua, in modo da
farmi lavorare con lui alle bozze del suo ultimo libro.
Per me fu un grande onore. Aveva una casa molto grande, venivano studenti,
professori, aveva contatti in tutto il mondo, e io
mi meravigliai per la cura dell’accoglienza, perché aveva fatto
riverniciare la stanza dove dormivo, aveva fatto mettere tutto in
ordine meticoloso. Vivere una settimana con gli orari e le abitudini di
Danilo Dolci per me all’inizio è stato duro: ci si svegliava
la mattina alle tre, alle dieci e mezzo si pranzava, alle cinque e mezzo
si cenava, e alle sette e mezzo si andava a dormire.
Lui ascoltava quello che avevo da dire, ma chiacchiere non si facevano: c’era
il silenzio, lunghe pause di silenzio, anche con
un certo imbarazzo da parte mia. Dopo quell’incontro, ho rimesso
in discussione il mio piano di studi, ed ho cominciato a
stare attento verso attività di ambito sociale, il movimento nonviolento,
l’obiezione di coscienza. Danilo Dolci è morto meno di
un anno dopo, e io nel frattempo ho partecipato all’Associazione,
ho girato l’Italia in lungo e in largo, ho conosciuto moltissimi
suoi collaboratori. Poi, per il tramite di amici buddisti che mi
coinvolsero nell’organizzazione della mostra Gli altri siamo noi,
conobbi Francesco Tullio, che è stato l’aggancio che, a partire
dal seme gettato da Danilo Dolci, mi ha portato a operare in
un gruppo attivo. Così il mio primo entusiasmo è diventato un lavoro, ed
è quello che adesso sta prendendo corpo.
Ma dall’esperienza con Danilo Dolci non è nato solo il lavoro, ma altre
cose: ad esempio l’attenzione verso il buddismo si è
rafforzata; la passione per la fotografia e per la musica… Ad esempio l’Associazione
per lo sviluppo creativo Danilo Dolci
aveva aperto un campo per bambini all’interno del campo profughi di
Squinzano (Lecce), dove io sono stato a fare animazione:
e qui la fotografia è servita a documentare il percorso.
Tu hai fatto una tesi di
laurea su Danilo Dolci?
Si; lui mi aveva proposto
di lavorare sulla sua proposta etica; ma dopo la sua morte, sono entrato
nel gruppo di lavoro sul
carteggio tra lui e Capitini. Il carteggio sta a Perugia; e essendo io
studente a Perugia, il mio professore di filosofia morale
Mario Martini mi propose una tesi sui rapporti tra Dolci e Capitini, per
vedere qual è stato l’apporto di Capitini alla sua
proposta etica; e nei primi dieci-quindici anni dell’esperienza di
Dolci, l’apporto di Capitini è stato senz’altro decisivo.
Capitini fu l’unico che rispose a Dolci quando fece il digiuno sul letto
del bambino che moriva di fame, che gli diede tutti i
contatti, lo fece conoscere alla cultura italiana e internazionale. Ora,
Dolci e Capitini sono i due capisaldi del pacifismo
italiano del dopoguerra. Capitini è molto attivo, fa riferimento al
pensiero e azione, ma di fonte a Dolci sembra un teorico,
perché Dolci va dove la gente muore di fame; Capitini fa il digiuno,
Dolci sfida la mafia. La relazione tra loro, oltre a molti punti
di contatto, mette in evidenza anche dei versanti originali: a
cominciare dal fatto che Capitini fa costante riferimento alla
riforma religiosa, mentre Dolci supera il riferimento alla religione. Con
la morte di Capitini nel 1968, rimangono i due filoni del
movimento pacifista, che non si sono molto frequentati. Io quindi mi sento
di avere quasi un ruolo di cerniera, grazie alla mia
tesi.
Tutto questo dunque è
sfociato in una attività di lavoro.
Ho conosciuto l’associazione
Centro studi difesa civile che lavora sulla difesa popolare nonviolenta,
come modo alternativo a
quello militare di difendere il proprio territorio: dal 1999 ha iniziato
anche a fare formazione, ed è nata l’idea della Cooperativa
MediAzioni, che si forma nel gennaio del 2000. Io sono orgoglioso di
essere uno dei soci fondatori di MediAzioni; siamo
cinque soci: Francesco Tullio, psicoterapeuta, una figura che ha alle
spalle venticinque o trent’anni di attività sul campo;
Mario Cucchia, commercialista, obiettore di coscienza, che è di un’utilità
enorme; Alessandro Rossi, membro
dell’Associazione per la pace del Gruppo operativo nazionale; Davide
Velluti, coordinatore nazionale dell’Associazione per
la pace; più altre persone che lavorano intorno. Originariamente, il tema
di lavoro era quello delle crisi internazionali e delle
persone inviate nelle missioni all’estero a fare mantenimento civile
della pace (civil peace-keeping), sulla base dell’idea di
costruire tavoli di trattativa a livello di diplomazia popolare, come far
giocare insieme i bambini di una parte e dell’altra, creare
uno spettacolo insieme, andare a cena con i membri dell’altra religione.
La cosa interessante è che le competenze che si
usano a livello internazionale possono essere trasferite anche a livello
locale. Quindi facciamo interventi per la gestione
costruttiva dei conflitti nelle scuole, nelle associazioni per migliorare
la coesione, nelle imprese per migliorare il rapporto con
l’utenza, ma anche con amministrazioni locali: una delle nostre idee è
quella di avere l’obiettore di quartiere, per valorizzare
gli obiettori di coscienza, con funzioni di raccordo tra i cittadini e i
servizi, i vigili urbani, gli uffici, per raccogliere il disagio.
Abbiamo in progetto un corso di formazione professionale per operatori di
pace; una attività con buone prospettive si è avviata
con l’università, ove esiste un comitato promotore per un Centro di
ricerca sui conflitti e la pace, e altre iniziative avviate.
in rete
La Cooperativa gestisce il
sito www.mediazioni.org. Gli
scopi e le attività del comitato promotore del Centro per la pace
sono leggibili in http://go.to.cecop. I contatti con
il Centro studi difesa civile si possono avere tramite pacedifesa@libero.it.
|
|