SOMMARIO

  Ritorno dall’Eritrea a Perugia        


Orazio Antinori, geografo ed etnografo in Africa

Intervista ad Haile Ogbazghi Tecle

In occasione della presentazione della mostra su Orazio Antinori, abbiamo ritrovato
Haile Ogbazghi Tecle, già studente a Perugia ed oggi funzionario dell’ambasciata di
Eritrea a Roma, che ha portato il punto di vista del suo paese rispetto alla figura dello
studioso perugino.

Ho partecipato oggi pomeriggio alla presentazione del libro "Viaggio nei Bobos", che sono le
popolazioni che si trovano nell’area centro-settentrionale dell’Eritrea. Questo libro è stato scritto
dall’esploratore Orazio Antinori: per noi Eritrei rappresenta una descrizione in un momento
storico, che comunque noi sentiamo l’esigenza di leggere, per rileggere la nostra storia,
indipendentemente dal profilo culturale, scientifico o storico del personaggio.
A noi interessa quello che è stato detto da questa persona, come elemento di confronto e di
analisi con altri racconti di altre persone che hanno descritto noi a quell’epoca. L’importante
per noi, come coloro che sono stati visitati, colonizzati, è la ricostruzione materiale della storia.
Quindi l’esploratore rivalutato, mitizzato, non ci interessa: ci interessano le cose sostanziali che
ha detto, che sono oggi la nostra cultura e storia.

Ma l’aspetto scientifico non è scindibile da quello storico-politico dell’interesse coloniale
dell’Italia.

Diciamo che l’aspetto naturalistico di Antinori è anche importante, perché lui fa delle
 individuazioni di animali che prima non erano catalogati; infatti lui, ad alcuni uccelli che vivono
o migrano in quella zona, ha dato un nome latino, di conseguenza il suo contributo scientifico
è notevole. Lo scienziato aveva interesse a raccogliere il materiale, che poi veniva spedito,
via Massaia, a Genova, per essere depositato e conservato presso il Museo civico.
Ma Antinori è anche un personaggio risorgimentale, di conseguenza ispirato dall’esigenza di
riaffermare il prestigio del suo paese: e a quei tempi, il prestigio si misurava anche attraverso
la concorrenza nella conquista dell’Africa; quindi lui è in qualche maniera un uomo colonialista.

Questa ricostruzione della storia ha senso oggi che l’Eritrea è uno stato indipendente, e quindi
cerca di ricostruire la propria identità?

Las lettura di quel periodo, dal punto di vista culturale e storico, è una lettura del territorio in sé,
senza dare un significato territoriale delimitato come stato: questo è difficile perché a quel
periodo non c’era nessuna formazione statuale; perfino l’oggetto che si aveva di mira da
conquistare, che era l’Abissinia o molti dicono Etiopia, ma non c’era una definizione geografica
ben precisa, non aveva una forma statuale: c’erano dei feudatari o dei re che qualche volta
occupavano dei terreni, ma non avevano nessun controllo sulla costa del Mar Rosso;
di conseguenza parlare di rapporto conflittuale tra Italia e l’Impero Abissino nel Mar Rosso è
un po’ un falso storico. Che l’Abissinia diventa un antagonista oppure un elemento da
conquistare oppure da corteggiare, deriva dal fatto che c’erano elementi di cristianità come
riferimento, quindi in qualche maniera vengono rispettati nel loro termine conflittuale; in realtà
però gli Abissini erano al centro di quella zona, e il territorio limitrofo era conquistato dai Turchi,
e poi dagli Egiziani.

E quindi come nasce una coscienza nazionale, una identità eritrea?

Come tutti i paesi africani, l’Eritrea si forma dal conflitto o dagli accordi che si fanno per la
conquista dell’Africa. In questo caso, le mira di conquista riguardavano tutto il Corno d’Africa,
 a scendere dall’Eritrea fino alla Somalia; di conseguenza l’Eritrea, dopo la battuta d’arresto della
battaglia di Adua, diventa un laboratorio di consolidamento del colonialismo italiano per poi
ripartire alla conquista di tutto il Corno d’Africa. L’Eritrea in quanto popolo, come sentimento
nazionale, nasce e consolida la sua identità nazionale dal conflitto, da esperienze negative, dalle
sofferenze, anche dalla nuova entità che il territorio dà come modo d’essere di un popolo.
L’Eritreo che soffre dentro il territorio, chiamato dall’Italia "Eritrea", trova questo elemento
unificatore del nome "Eritrea" anche come sostanza di una popolazione che parla tante lingue,
circa nove lingue: come dire che qualcuno ti battezza, ti dà un nome, il nome diventa tuo e così
onquisti la tua identità. Anche tutti gli altri paesi africani nascono così: un concetto dello
stato-nazione, in Africa, è il risultato di un conflitto, di conquiste territoriali che gli Europei hanno
fatto.

Qual è la situazione dell’Eritrea di oggi?

In questo momento, esattamente il 13 aprile di quest’anno, c’è la sentenza definitiva sul conflitto
dei confini tra l’Eritrea e l’Etiopia: è una decisione non appellabile che ha delimitato i confini tra i
due paesi; in futuro si dovrebbe passare a quella fase di demarcazione dei confini, nel senso di
segnare fisicamente quali sono i luoghi dove passa il confine. E’ augurabile che dopo questa fase
tra i due stati ci sia una forma di normalizzazione e quindi di convivenza di buon vicinato, diciamo.
 Attualmente ci sono difficoltà, perché fino adesso non ci sono segni di disponibilità immediata
per l’attuazione del piano di demarcazione, e molto dipende dalla pressione che faranno tutte le
componenti che hanno garantito la tregua e poi il consolidamento della pace: questi sono gli
impegni che hanno solennemente assunto le Nazioni Unite, e in particolare gli Stati Uniti, l’Unione
Europea e la Comunità degli stati africani, tre soggetti che hanno garantito la tregua e l’ulteriore
rafforzamento dei rapporti tra i due paesi e quindi la stabilità nella zona.

Puoi descrivermi la situazione della popolazione eritrea dopo questo periodo di guerra?

Nel periodo di massimo conflitto, quando è stato invaso dagli Etiopici un vasto territorio nel sud,
si sono avuti quasi un milione di sfollati che non sono riusciti a tornare nei propri villaggi perché
alcuni territori dell’Eritrea sono attualmente occupati dai soldati Etiopici, quindi non hanno la
possibilità di riprendere le attività agricole e ricostruire le case del villaggio.