Le biciclette di Dino
Intervista a Beppe Pazzi
Tra il 1970 e il 1973 Dino (ma il suo vero nome era Damiano) ha abitato con me a Città di Castello nella mia vecchia casa di San Giacomo. Io lavoravo alle Ceramiche Baldelli, lui arrivava e partiva alle ore più strane. Per quattro anni ha organizzato attività politica e sindacale su tutto il territorio dell'alto Tevere come responsabile politico di Avanguardia Operaia. Da Pieve Santo Stefano ad Umbertide partecipava a tutte le riunioni politiche. Si spostava a piedi, in bicicletta e con il treno. Me lo ricordo sulla bicicletta, quella volta era di Marco, carico di volantini e manifesti. Prova a immaginarlo, lui dal fisico imponente, sopra una bicicletta da corsa, sempre rigorosamente presa in prestito, carico di manifesti e volantini che strabordavano da tutte le parti. Le sue corse per prendere il treno le ricordo tutte, tra mille riunioni e decine di persone da incontrare ogni volta. Bastava l’incontro con qualche operaio entusiasta e lui fondava una sede politica, compresa quella volta che requisì i mobili della casa per allestire la sede di Avanguardia Operaia a Sant’Andrea, qui a Castello. Tornava alle ore più strane perché spesso i treni non c’erano o non lo aspettavano. Quando gli chiedevo se aveva mangiato, lui spesso rispondeva : "Si, un panino due giorni fa". Per le mie biciclette perdute avevo risolto, infatti le ritrovavo quasi sempre appoggiate al muro della stazione ferroviaria della Centrale Umbra. È lì che lui le dimenticava. In questo momento riesco solo a parlarti della sua distrazione, che in lui era pari solo al suo entusiasmo e alla sua disponibilità che hanno fatto di Dino portavoce di molte nostre aspirazioni. La sua era una voglia di giustizia appassionata e testarda. Lui riusciva a vedere il mondo con gli occhi degli altri.
MANIFESTO sabato 28 giugno (Anna Cotone)
CIO’ CHE LASCIO E’.....
Se morissi adesso o fra due giorni o un anno
Ecco il mio testamento.
Il testamento di un comunista
Avido di conoscenza e d’amore,vissuto e morto povero e curioso.
Lascio tutto il mio disprezzo a chi mi ha usato.
Lascio tutto il mio odio
A chi mi ha dato un mondo senza gioia,
da attraversare a pugni e denti stretti.
Lascio la nostalgia per le moschee di Gerusalemme e gli ulivi di Puglia
Ed ogni roccia pianta finestra stella
Che i miei occhi hanno accarezzato nel cammino
Lascio universi di dolcezza
Alle donne che ho amato.
Lascio fiumi di parole dette e scritte
Spesso con rabbia raramente con saggezza
In malafede mai,
un mare di parole
che già evapora al vento rovente del tempo.
Lascio, a chi vorrà raccoglerlo,
il testimone del mio entusiasmo,
Nella folle staffetta mozzafiato
volgendomi indietro dopo vent’anni
non so più se ho corso da solo.
Lascio il mio sorriso a chi sa ancora sorridere
E le mie lacrime a chi sa piangere ancora.
Non è poco. In cambio,
voglio essere sepolto senza cippi e lapidi
fra le radici di un albero grande
in piena nuda terra rossa e grassa
perchè il mondo con me respiri ancora
e si nutra con me di ogni mia fibra.
Con me (non vi sembri retorica)
Solo una bandiera rossa
E la nave del Ritorno
Intagliata con le unghie nella pietra
Di un prigioniero assetato di vita
Nel deserto del Neghev.
DINO