La storia antica delle bandiere arcobaleno

Intervista a Gina Chiasserini

Le abbiamo viste sventolare alle finestre: magra consolazione nei giorni dei bombardamenti su Bagdad. Eppure in certi momenti ci hanno ridato la speranza. Faceva bene al cuore vederle sventolare, tante, colorate d’arcobaleno, le bandiere della pace. Ad una arzilla signora di ottanta anni, Gina Chiasserini di Città di Castello, abbiamo chiesto di raccontarci la storia di lotta dei colori arcobaleno.

Era l’inizio degli anni cinquanta, quelle stoffe colore rosso, giallo, verde, blu, le avevamo messe in cima al pagliaio il giorno della battitura. Protestavamo perché il padrone non voleva riconoscerci il 58% del grano raccolto. Noi tra Pistrino e Fighille eravamo l’ultima aia impegnata nella battitura e volevamo riconosciuti i nostri diritti sui patti agrari. Quando apparvero quelle stoffe colorate in cima al pagliaio il padrone ordinò di spegnere la trebbiatrice, fece togliere quelle "sfrindaglie" che però miracolosamente riapparvero sventolanti al loro posto. Erano tutte strisce colorate, separate l’una dall’altra, le avevamo cucite noi. Arrivarono anche i carabinieri per risolvere la questione. Cercavano mio marito Angiolo, che era il capolega di Citerna di Sotto. Lui però quel giorno non c’era. Io all’arrivo delle forze dell’ordine avevo nascosto le bandiere dentro il forno del seccatoio del tabacco. Ai carabinieri abbiamo offerto il caffè. Quella battaglia la vincemmo per noi e per gli altri contadini che avevano già fatto la battitura. Ricordo che mentre raccoglievamo quel grano in più che ci spettava, i sacchi quasi non pesavano niente, ci sembravano leggeri. Noi ragazze li tiravamo su cantando.