Partendo dal presupposto personale che tutta l’agricoltura non biologica insieme a quella falsa biologica dovrebbe essere messa fuori legge, o etichettata con nuoce più o meno gravemente alla salute, partendo da posizioni dure dove addirittura il consumatore dovrebbe essere messo nella condizione di non scegliere, perché il fumo è un optional che deriva da una lieve nevrosi o da un vizio e così tante altre cose, il bere e il mangiare no (anche se potrebbe diventarlo). Convinta che non dovrebbe esistere agricoltura non biologica, per non mettere il consumatore nella condizione di poter sbagliare, e che al consumatore dovrebbe rimanere la scelta del tipo di prodotto, le modalità per cucinarlo ecc.., la possibilità di scegliere, secondo coscienza, sulla base di variabili che derivano dalle combinazioni di gusto, risultati di ricerche scientifiche, filosofie, ragioni di salute, cultura o tradizione. Ma nella ferma condizione che l’agricoltura che non inquina dovrebbe essere l’unica agricoltura possibile, si evince che la domanda chiave di fronte al teschio-mela, pera, pomodoro-zucchina o cereale, dovrebbe essere inquina o non inquina le falde acquifere, fa morire la terra, si o no, può creare accumulo di sostanze tossiche nell’organismo oppure no, e partendo da tali accertamenti, da supportare con ricerche scientificamente corrette e rigorose, intervenire legalmente con disegni di legge che non siano a favore ma contro, e cioè che non siano solo a favore del biologico, ma che siamo soprattutto in grado di bloccare impedire, bandire una agricoltura che continua a mortificare il concetto di salute e ambiente; certo è che con tutta la paura di demonizzare che si ha, si viene demonizzati e si subisce la mistificazione dell’informazione, si viene oscurati.

Mi reco all’appuntamento con il Dr. Vincenzo Vizioli, Presidente Nazionale dell’AIAB, rimango travolta dalla complessità del problema e dagli immensi ostacoli che si oppongono a questo passaggio epocale, del quale chiunque abbia un pizzico di sale in zucca, non può negare l’urgente necessità, non solo di cambiare le regole ma di cambiare il gioco. Proprio come quando i governi propongono grandi opere, ponti su stretti, collegamenti invece di intervenire nelle condutture idriche, (le vere grandi opere della civiltà) che perdono il 40% della ormai preziosissima acqua, proprio come quando ci viene imposta la chimica e vengono assolti gli assassini dei lugubri casi di Mestre, proprio come quando si cerca di far passare gli OGM "invasori", per poter dire in fine che veramente "mai più niente sarà come prima", facendo morire la biodiversità, il mondo sarà sottomesso ad una dittatura, dove la perversione manipolatrice di pochi, avrà schiavizzato la natura, sostituendosi a Dio.

Così gli domando:

1. che la battaglia per l’espansione del biologico debba essere inserita in un contesto di lotta all’inquinamento globale territoriale?

2. e non ritiene che non può esistere biologico se non lo si inserisce in una lotta integrata a tutte le forme di devastazione che minacciano la salute del cittadino e l’integrità dell’ambiente?

3. le lotte ecologiste in Umbria in Italia e nel mondo hanno bisogno di una forza politica specifica oppure di altre forme di rappresentanza?

4. le forze politiche, nel tempo, sono riuscite a mantenersi fedeli rispetto ai principi di partenza, nel difendere i diritti dell’ambiente e della salute?

Il biologico si è imposto non solo come alternativa alla chimica, ma come modello di sviluppo alternativo ed è questo il vero lavoro che deve fare chi lo promuove, tale sistema non deve essere visto solo come un’occasione di mercato, non solo come segnale di un prodotto sano, ma come l’idea di un modello agricolo che valorizza le risorse locali umane e naturali; In sintesi come da slogan: "fare prodotti sani e buoni" sia per chi li mangia sia per l’ambiente in cui sono coltivati. L’agricoltura biologica potrà esprimere tutto il suo potenziale e il suo valore, se riuscirà a comunicare al consumatore la forza del suo cambiamento e riuscirà a far crescere, in sempre più cittadini, la consapevolezza, della sua capacità di entrare in sintonia con l’ambiente. Serve che ci sia questo riconoscimento, e che il biologico non sia considerato un settore di nicchia, o qualcosa di marginale all’agricoltura, oggi, è proprio questo il prezzo che sta scontando, pesantemente. Oggi accade che si discute di politica agricola e poi ci si immette dentro il biologico, su vari fronti come nell’ambito della revisione della PAC, o al tavolo dell’alimentare nazionale e anche in Umbria, nonostante le numerose richieste di partecipazione e di non prendere decisioni senza la rappresentanza del biologico, si continua ad escludere i rappresentanti dalle sedi decisionali. Finché il metodo non diventerà uno degli elementi della politica agricola,

e perché non un modello di guida ?

e non sarà condiviso come strumento dello sviluppo rurale, difficilmente potrà rappresentare tutti i valori che può e deve rappresentare, in questo non serve un partito che lo porta avanti, servirebbe una maggiore sensibilità e competenza delle tante figure che ruotano intorno ai partiti e parlano di ambiente, di sviluppo rurale, parlano di territorialità e poi non riescono a dare una svolta diversa ad un modello agricolo che sta dando dei risultati negativi, non solo a parole, ma sostanziata sia come scelta operativa e come indirizzo politico rispetto ai finanziamenti e ai contribuiti che la regione può e deve dare.

Come si può combattere il potere e lo strapotere economico e la capacità di incidere sui mercati , delle multinazionali che continuano a realizzare e vendere prodotti di sintesi, concimi chimici, diserbanti, ecc, e a mantenere sotto le loro grinfie malefiche il mercato? come possiamo prevenire che la mela venga avvelenata o modificata dalla strega e che il consumatore smetta di credere alle sue lusinghe (pubblicità) e come possiamo mettere a bando la produzione del veleno? E risvegliare il consumatore dal lungo sonno e dalle voci delle sirene che lo confondono e che boicottano il biologico mettendo in forse la sua superiorità assoluta e l’ assoluta necessità di riconvertire tutto, per quello scatto di civiltà, che indica un sentiero obbligato da seguire… per il nostro futuro, per il futuro della terra…

È un percorso culturale fino ad oggi si è parlato di ambiente, di lotta guidata, integrata riduzione dei concimi, poi in realtà nei fatti questa scelta non è stata portata fino in fondo e quindi al finanziamento per la riduzione dei concimi, non sono corrisposti dei disciplinari di produzione e dei controlli seri, tant’è che siamo arrivati al ridicolo che la regione ha speso miliardi per finanziare la riduzione dei concimi e in quegli anni il fatturato sui concimi è aumentato, quello che dicevamo noi, cioè che era illogico dare lo stesso premio a chi si prende impegni e viene controllato, rispetto a chi auto certifica di fare bene, questo è un problema; il percorso è culturale, non solo da parte degli organi politici, un percorso che deve essere intrapreso, abbastanza lungo, che deve coinvolgere tutta la filiera, a partire anche dai consumatori, che non possono essere pensati come ultimo anello che deve comprare, ma devono essere parte delle decisioni e delle scelte, è importante far capire cosa si sta comprando, in qualche modo accorciare la catena del mercato, rispetto ad un rapporto che vede oggi l’operatore agricolo, costretto ad accettare prezzi sempre più bassi, mentre poi il guadagno continua a stare nella commercializzazione nel trasporto e nella vendita. La critica che viene fatta ai prodotti biologici, che costano tanto, il consumatore deve sapere, che al prezzo che c’è sul banco vendita non corrisponde una remunerazione alta del produttore, perché si stanno commettendo gli stessi errori che si sono fatti nella agricoltura convenziona, cioè quello di far guadagnare un circuito esterno all’agricoltura, pesa anche un economia di scala piccola, ma oggi bisogna avere anche la fantasia e la capacità di saper trovare soluzioni di mercato innovative.

Quali sono le leggi europee e nazionali che hanno favorito l’espansione e la diffusione dei principi dell’alimentazione biologica, quali le proposte, passate e future, quali le idee dell’Aiab già realizzate che hanno segnato dei progressi in campo di crescita dell’offerta e della domanda?

Il salto di qualità del biologico, o meglio il passaggio fondamentale evolutivo di crescita, è corrisposto con il regolamento CEE 20092, si è passati da un autoregolamentazione, chiunque operava nel biologico, si rifaceva a delle norme internazionali dell’IFON, la CEE norma l’agricoltura biologica e gli dà dignità, la riconosce come metodo di agricoltura, quel passaggio fa cessare un atteggiamento di ottuso ostracismo nei confronti dell’agricoltura bio, considerando chiunque scegliesse questo metodo come uno che giocava o che non aveva capito nulla dell’agronomia, a quei pionieri che senza normativa, senza finanziamenti, senza supporti di ricerca, hanno dimostrato la praticabilità del metodo va molta gratitudine del mondo del biologico attuale, il secondo momento, è stato quando la CEE ha abbinato degli aiuti, chiamati agroambientali, con il regolamento 2000/78 dove all’impegno a fare agricoltura biologica corrispondeva anche un premio, l’applicazione di questo regolamento è stato difforme, non omogenea, a volte iniqua, uno stimolo molto importante, ha fatto passare gli operatori da 2 o 3 mila a quanti erano all’inizio del 2000/92 oggi siamo a circa 60 mila operatori con 1 milione e 300 mila ettari, primi in Europa e primi nel Mondo, l’Italia è il primo paese nel Mondo per superficie e per numero di operatori, poi ci sono gli Stati Uniti e il Canada, ecc.. Il problema è che non siamo i primi nel consumo di tali prodotti, quindi si crea un meccanismo distorto: anche all’interno dell’Italia, c’è un sud che produce, e un centro–nord che trasforma e commercializza e consuma, i consumi aumentano salendo nel Nord Europa, un settore agricolo che ha colto l’importanza di tale passaggio, ancora non è stato capace di comunicare al consumatore il valore del prodotto, ad oggi ancora il consumatore chiede ancora se è vero che è biologico, e chi garantisce, nonostante esiste un sistema di controllo che è normato, esistono degli organismi che devono essere accreditati dal ministero, subiscono il controllo da parte delle regioni, a loro volta sono accreditati da organismi di certificazioni e quindi è un sistema che ha una sua struttura, sul quale si possono fare critiche ma si sovrappone al sistema normale che controlla l’agricoltura che tutti dicono garantisca prodotti "sani" se sono sani i prodotti convenzionali, figuriamoci i prodotti bio, che sono super controllati, controllati 2 volte, a fianco a questa crescita, occasione per le associazioni di categoria, per chi era molto lontano da questo mondo del bio, di avvicinarsi e rispondere alla richiesta che c’era degli agricoltori, perché era un dato di fatto che i consumatori erano molto più avanti della distribuzione, la grande distribuzione si è dovuta adeguare ad aprire dei punti vendita e a mettere prodotti a marchio, per non perdere la fedeltà del consumatore, altrimenti si andava a cercare prodotti da altre parti, gli agricoltori erano molto più avanti delle loro associazioni di categorie, che si sono dovuti adeguare perché aumentava il numero di associati che chiedeva servizi in questo settore, la fase evolutiva deve continuare ragionando in termini di servizi che oggi mancano, servizi di assistenza tecnica, servizi alla formazione ricerca e sperimentazione e strategie che facciano cessare la dipendenza sementiera dell’Italia dall’estero , per cominciare a studiare e ragionare varietà locali, ecotipi locali, sementi non tanto che ci facciano uscire dal dramma degli Ogm, ma almeno che possano esaltare il ruolo dell’agricoltura collegata al territorio alla storia e alla cultura e anche ad una tipicità di produzione.

E’ un percorso in evoluzione che trova un forte rischio di involuzione per come oggi si rischia di interpretare la riforma della Pac (Politica agricola comunitaria), perché le sementi geneticamente modificate non trovano un ragionamento di inutilità al di là delle remore etiche, tecniche e politiche, ma una contrapposizione rispetto all’utilità economica che non esiste per un paese mediterraneo come l’Italia, e diventano merce di scambio all’interno dell’Organizzazione mopndiale per il commercio (Omc-Wto), dove l’Europa dopo aver fatto lo strappo con gli Stato Uniti sulla guerra, deve recuperare, e il recupero passa anche per cedere sugli ogm, durante la guerra uscivano articoli di giornale che sembravano irridenti, rispetto al dramma che stava accadendo, dove Bush elencava le priorità per gli Stati Uniti: erano abbattere il terrorismo e far recedere l’Europa dalla moratoria sugli Ogm perché gli Ogm dovevano essere il futuro sviluppo del mondo. Con gli Ogm brevettando non una innovazione ma una scoperta, brevettando la vita, brevettando un gene, una cosa che non è brevettabile, nella norma e nel ragionamento minimo etico, si controlla il mondo in una forma ancora più prepotente delle armi, perché si controlla la fonte di cibo.

Come si può riuscire a convertire le produzioni di pesticidi, fertilizzanti, semenze modificate, ad un credo di rispetto e di lungimiranza e di conservazione del rapporto uomo-ambiente?

Ripeto che bisogna andare per gradi, facciamo l’esempio del mais, il mais è arrivato in Italia nel 1540 dopo la Scoperta dell’America, sono arrivate centinaia e centinaia di varietà, oggi le varietà coltivate non hanno nessun legame di parentela con quelle varietà, il problema è di come si evolve la selezione, l’uomo ha scelto inizialmente le piante che si adattavano all’ambiente in cui stava, e tra queste le più produttive, oggi c’è un’inversione che sembra folle, ma è la norma, non si deve adattare la pianta all’ambiente, ma è l’ambiente che si adatta alla pianta che io voglio, perché se la pianta non compete con gli infestanti, allora gli mettiamo i disserbanti, non è capace di resistere alla siccità, deve essere una coltura irrigua, non è in grado di mobilizzare attraverso le radici i nutrienti, incremento la dose di fertilizzanti, si è spostato un meccanismo anche rispetto alla ricerca, che deve cambiare rotta…

Si modifica l’ambiente artificialmente…

Si lavora in modo inverso a come è sempre stato il progresso agricolo, oggi serve che una ricerca scientifica sia in grado di individuare sementi capaci di adattarsi a climi sempre più difficili, per esempio, è evidente un cambio di clima rispetto all’aumento di calore alla tropicalizzazione del nostro clima, e ad una difficoltà sempre maggiore di poter rispondere alle esigenze culturali con questo tipo di sementi standardizzate che non hanno una capacità di interazione tra ambiente e capacità produttive e che quindi al minimo cambiamento fa pagare pesantemente il prezzo all’agricoltura, con cali di resa spaventosi, con problemi di infestanti con necessità di interventi anti-parassitari sempre più massicci.

Si altera l’ambiente e le piante in un crescendo,…

Questa è la logica conseguenza di un meccanismo che ha sempre pensato di produrre tanto di più, al di là di un reale fabbisogno , noi abbiamo un modello che è quello americano, ma se noi ci alimentassimo sul modello americano basato sulla carne, visto che noi abbiamo scelto di dare degli alimenti che generalmente sono destinati all’alimentazione umana, noi li diamo agli animali, se lo facessimo tutti, servirebbero 5 pianeti per poter sfamare tutti quanti, noi oggi abbiamo: un miliardo e due milioni di persone vivono sopra ogni necessità rispetto alla quantità di cibo e di risorse che consumano, e un'altra parte del mondo consistente che si devono arrangiare, ora il problema non è se gli OGM salveranno dalla fame nel mondo, perché fanno produrre di più, il problema sta nella ridistribuzione delle risorse non esiste altro tipo di modello se un va a vedere quanti pranzi di un bambino consuma una vacca da latte per fare delle colazioni attraverso il latte, si vede che è un rapporto svantaggiato, non conviene, perché quel rapporto è quasi 1/8 servono quasi 8 pasti per fare una colazione,

ossia una tazza di latte?

Si, perché i cereali : l’orzo, i legumi la soia, il mais, l’orzo che mangia una vacca che deve fare 60 –70 litri di latte al giorno, vanno intorno a quella cifra…

E’ possibile ipotizzare/progettare una alimentazione (dieta) globalizzata compatibile con le condizioni ambientali del futuro?

In questo l’agricoltura biologica ha un suo approccio importante, cioè quello di essere un metodo una tecnica di coltivazione e non la sostituzione dei concimi o dei principi attivi prevalentemente usati, ma si propone proprio per questa sua capacità di valorizzare le risorse, di rispettare l’ambiente in cui opera, e di andare a ricercare sempre nell’applicazione del metodo l’equilibrio tra ambiente e produzione, si propone come modello di sviluppo, quando ci hanno chiamato come AIAB in uno dei vari incontri che la FAO organizza con le organizzazione associazioni che operano sul territorio rispetto ai problemi della fame del mondo, ho dichiarato che si sarebbe parlato di agricoltura biologica, qualcuno mi ha detto, non credere di trovare accoglienza, siamo andati a parlare di agricoltura biologica alla FAO, e persone che conoscono bene i problemi del terzo mondo, hanno riconosciuto che l’unica opportunità di salvezza per queste genti, non sta nell’aiuto in sementi, o in contratti di produzione, sta nel valorizzare le proprie risorse, intanto per produrre per il loro fabbisogno, oggi noi chiediamo a loro di produrre mais soia e quant’altro a basso costo per il nostro consumo, non certamente per sanare o per risolvere i loro problemi

Si ritrovano a non poter essere concorrenziali, come in Messico, dove vengono imposti alcuni prodotti degli Stati Uniti, e i produttori locali si ritrovano a non poter essere concorrenziali, sul pian o dei prezzi, e finiscono per morire di fame…

Il problema è ancora più grosso, perché non solo nel pacchetto degli aiuti c’è il seme il concime e il prezzo di vendita, c’è che in un’economia povera, inizialmente la gente, in quel fazzoletto di terra che aveva di proprietà, non arricchendosi sicuramente ma produceva il mais, il fagiolo, allevava un animale che faceva e latte e un po’ di carne, sfamava la propria famiglia, quando quel fazzoletto di terra, gli viene presentata come un occasione per arricchirsi, perché con quel seme, facendo mais e facendo soia avrebbe avuto il prezzo garantito, avrebbe avuto, dei profitti, intanto si accorge che le regole non sono mai state quelle, perché le multinazionali si sono comprati i terreni e li hanno espropriati perché il piccolo contadino non riusciva a pagare, e non riusciva a sfamare la sua famiglia con la resa del raccolto e si indebitava, fino poi a capitolare e cedere tutto quello che possedeva.

e da piccoli proprietari sono diventati braccianti/schiavi …in regime di new latifondo..

Proprio così…

Non crede che in futuro bisognerà andare oltre, al modello di Commercio Equo Solidale, che induce a produrre per il mondo occidentale, e nel quale esistono comunque dei passaggi di prezzo abbastanza significativi, dovuti al percorso dei prodotti , strumento utilissimo che ha permesso una vita più dignitosa e un accesso all’istruzione, di quelle popolazioni, ma sta di fatto che impedisce a quest’ultime di produrre per se, di realizzare una microeconomia famigliare, come avveniva in Umbria fino a 50 anni fa, Lei non crede che il modello del Commercio Equo-solidale, deve essere presto sostituito con un economia più autarchica, dove ciascuno produce per se e dove solo l’eccedenza viene scambiata…

Il primo passaggio è stato il modello no damping, attraverso gli aiuti, i maggiori costi per l’entrata alle frontiere, dei prodotti, si fa si che il prodotto che viene dal sud del mondo è meno competitivo, almeno che non sia importato dalle multinazionali, di un prodotto realizzato nel nord del mondo perché sovvenzionato, in una società che si ispira al libero mercato, tutte le regole sono contro il libero mercato, pensiamo solo al mercato dell’Unione Europea, dove le produzioni sono contingentate, il libero mercato, prevedrebbe che se io faccio latte quanto voglio se sono capace, lo vendo, altrimenti peggio per me, invece qui siamo sotto regime delle quote latte, e di grano, il problema delle eccedenze del produrre per produrre è un problema, il commercio equo e solidale fa un operazione che è meritoria cerca di riconoscere al produttore un prezzo equo, e in qualche modo cerca di costituire cooperative piccoli gruppi, che sfuggono ad un mercato eccessivamente aggressivo, certamente è un segnale un passaggio, dobbiamo andare oltre, altro e tanto altro si deve fare, il fatto che sta avendo successo, vuol dire che sta smovendo qualcosa nella coscienza dei consumatori, riconoscere i diritti e di dignità del produttore…

Non ritiene che bisognerebbe mettere in atto delle strategie più aggressive e lasciar cadere quella filosofia del vivi e lascia vivere che si percepisce ancora oggi nei confronti dell’agricoltura tradizionale, quali sono gli strumenti messi a disposizione del consumatore per la conoscenza dei prodotti della filiera, e come migliorarli, non ritiene che bisognerebbe contrastare legalmente e culturalmente la chimica…con più forza, con più convinzione…

E’ un percorso culturale per quanto riguarda la conoscenza del consumatore, siamo lontani dalla consapevolezza

di coloro che rappresenta e dice di rappresentare gli interessi dei coltivatori il documento di revisione della PAC prevedeva che tutta l’agricoltura si evolvesse verso una maggiore attenzione per l’ambiente, ammettendo un premio solo per chi, in qualche modo si impegnava a rispettare delle regole, avrebbe dato dei segnali forti, i vari patteggiamenti tra i diversi membri, porterà a dimenticarsi di questa ecocondizionalità e ci è rimasto l’unico atteggiamento possibile è quello di informare e di far capire qual è il reale valore dei prodotti..

Io ritengo insufficiente semplicemente informare, e mettere alla pari il valore delle due agricolture e combattere una agricoltura che inquina…

è osceno…

il valore della chimica è sufficiente focalizzare due concetti: inquinamento e salute…per poter dire che bisogna bandire la chimica dall’agricoltura perché siamo arrivati ad un punto di non ritorno, se continuiamo ad utilizzare i prodotti chimici… anche la terra, è satura, (in Italia) per aver assorbito questi cocktail di sostanze inquinanti, così le nostre falde acquifere… mi sembra debole tutelare una realtà quando bisognerebbe combattere l’altra…

In questo momento, c’è l’atteggiamento di dire: non criminalizziamo l’agricoltura, tutto è buono e tutto è sano, questo atteggiamento avviene dal mondo agricolo, che pretende di avere…

dignità …

e di non modificare i suoi atteggiamenti, e di sfruttare fino all’ultimo quello che è sfruttabile per poi sperare, che nel momento in cui avremo bruciato la risorsa terra gli aiuti continueranno ad arrivare e salvare…

La cultura di formazione e di prevenzione, deve passare obbligatoriamente dalla scuola, i bambini che hanno una struttura diversa dagli adulti, hanno una tolleranza diversa dai pesticidi, hanno diritto di essere tutelati e nutriti in modo più possibile naturale in senso biologico, la mensa biologica rientra obbligatoriamente in questo piano, inoltre la conoscenza dei metodi alternativi, deve formare le generazioni future, ma non bisognerebbe penetrare di più a tutti i livelli in tutte le scuole superiori, negli alberghieri, negli Istituto Agrari, nei bar, nelle mense, nei ristoranti, nelle sagre, nei pub..? dico di più…

L’idea di introdurre i cibi biologici nelle mense, è un passaggio che sta avendo successo, si scontra con i problemi logistici di organizzazione e anche di reperibilità di prodotto è chiaro che se affianco a questo ragionamento, si sviluppa un ulteriore meccanismo che il bambino deve mangiare bene, e perché no a cena e perché no il genitore, quindi si deve innescare il meccanismo virtuoso è quello dell’idea di riorganizzare i menù per riequilibrare una dieta che spesso è sbagliata, e improntare una educazione alimentare, è molto utile perché accanto al bambino c’è un genitore che si informa e che può essere informato, dall’altro lato, c’è questa idea che deve passare, che la scelta del biologico nelle mense, deve avere una ricaduta sul territorio, perché l’acquisto deve provenire da prodotti locali, deve stimolare l’acquisto nelle famiglie, oltre alla ristorazione collettiva, andrebbe introdotta nelle sagre, nei pub, ai momenti di ritrovo, è un passaggio molto importante, è una fase di crescita, il biologico è solo ancora il 10% della produzione totale è impensabile riuscire a coprire già si è in difficoltà a ricoprire la richiesta delle mense scolastiche, e quindi, poi c’è una richiesta disomogenea, il fatto che si venda tanto al nord e poco al sud, è che il primo passaggio necessario è quello di informare la gente che abita nelle zone di produzione, chi vuole consumare una arancia a Cosenza non può farsela ritornare da Verona, quando c’è l’ ha intorno a casa, oggi succedono questi passaggi di mercato, dove la distribuzione viene concentrata al centro nord, e anche alcune realtà del sud, si servono da distributori che hanno preso prodotti nella loro zona di provenienza,

ciò provoca una forma di inquinamento e spreco …e l’incremento dei costi, spaventoso.

Ritiene soddisfacente le politiche ambientali regionali? , cosa si potrebbe fare di più o di diverso, che incidenza di inquinamento possiamo riscontare sul territorio umbro, dovuto alla agricoltura tradizionale, combattere per l’agricoltura biologica, è combattere contro le multinazionali che uccidono il terreno, in un abbraccio di morte, la rivoluzione verde dagli anni 50 in poi ha inculcato un nuovo credo ai coltivatori, non trova triste parlare con questi anziani un tempo antichi custodi dell’ambiente, e sentirsi dire che prima di allora le colture erano poche e scarse e c’era la fame,…mentre poi è arrivato il benessere e l’abbondanza, vorrei sapere da lei, il suo punto di vista sulle colture intensive e sulla centralizzazione dovuta alla grande distribuzione che offre dei vantaggi ma che inquina di più.. e nell’esigenza di promuovere un tipo di coltura a raggio corto, come bisogna fare?…

Chi fa agricoltura biologica è totalmente insoddisfatto, dell’attuazione della politica agricola regionale, intanto perché, mai nei momenti di concertazione e discussione, viene ascoltato chi rappresenta il mondo biologico,

come mai…

c’è questa concezione che di agricoltura possono parlarne solo le associazioni di categoria riconosciute, e quando andiamo a fare delle rimostranze, dicono che sono loro a rappresentarci, poi nell’applicazione quando andiamo a vedere quanta parte del bilancio per lo sviluppo rurale è andato al tradizionale e quanto al biologico, si capisce che il biologico non è rappresentato, stiamo in un rapporto del 12% delle risorse, per il biologico, per esempio l’obiettivo che è stato dichiarato è intorno al 15% e 20% di superficie in Italia, già il 12% non corrisponde neanche all’obiettivo teorico che ci è stato dato, pesa il fatto che la scelta di dare un finanziamento in un senso o in un altro orienta non c’è la convinzione vera a orientare verso l’agricoltura biologica, se l’agricoltura biologica non ci si mettono i fondi, non si incentiva, non si fa partire l’assistenza tecnica e la ricerca nel settore, è evidente che non si dà un indirizzo, se, come è successo nella 20078, all’agricoltore biologico, che prendeva l’impegno a fare agricoltura biologica, si pagava la certificazione, e seguiva il controllo degli organi regionali, si dava lo stesso premio ad ettaro di chi continuava a fare dell’agricoltura tradizionale, è evidente che il segnale non era di indirizzo di politica regionale verso l’agricoltura biologica, anche se poi sé l’è messa come fiore all’occhiello, non ci piace, la politica ambientale per l’incapacità di scegliere, quando si sceglie si scontenta qualcuno, è impensabile continuare a gridare l’allarme acqua quando non ci si pone il problema di quale modello agricolo intorno al Trasimeno, non si può pensare di continuare a cercare acqua potabile sempre a maggiore profondità quando si permette sopra i pozzi dove si pesca l’acqua, di fare agricoltura intensiva, e non si mette mai al confronto l’interessa dei pochi contro l’interesse collettivo, non si può continuare a fare tabacco e mais, colture intensive ne va della salute e dei costi sociali,

Il problema è solo intensive e non biologiche…

La piana di Bastia è una delle poche piane che ci sono, quando si fa il tabacco si usano i nitrati, il problema dei nitrati, che vanno nell’acqua e la rendono non potabile, stanno sempre più cercando fonti pure, per incrociarle, noi le fonti pure tipo l’acqua di Nocera, non le utilizziamo come acqua da incrociare ai gabinetti ma come acqua da incrociare a questa acqua avvelenata per farla rientrare nei parametri di potabilità, è un modello che non può essere corretto con piccoli passaggi, è un modello che deve ripensarsi, la mancanza di coraggio di fare delle scelte potenti, se il Trasimeno è un valore perché porta il turismo, perché il turismo c’è una delle agricolture principali di quella zona, la scelta è che l’agricoltura si adegui, a quella che è la richiesta turistica, di un lago pulito, di una alimentazione sana, legata al territorio e tipica, e quindi pensare, che una area parco finisca poi dall’acqua, e quindi non abbia più nessuna area di rispetto, e che norme non debbano mai far stranire i pescatori, gli agricoltori, i cacciatori, i turisti gli albergatori, è evidente che una situazione intermedia non può esistere.

E’ una cosa vergognosa non cercare di far cambiare il pensiero di queste persone che operano nel settore, e che riescono ad avere un peso politico ed economico, cioè a condizionare le decisioni , che si ispirano ad un eco-rispetto-sostenibile E incidono sulle amministrazioni locali, e voler far finta di niente, e continuare a non voler far conoscere, a non sensibilizzare sulle dinamiche, a fare cultura, veramente…

La logica della politica è fatta di numeri , per adesso l’agricoltura biologica ha dei numeri piccoli, rispetto al mondo agricolo, si a più audiens, a non mettere divieti in funzione dell’ambiente piuttosto che metterli, la contromossa è lanciare un messaggio e cioè la PAC ci riguarda cioè che la politica agricola non è una questione che riguarda solo gli agricoltori, i consumatori poiché la pagano con le proprie tasche, la pagano anche con la propria salute rispetto a quello che mangiano ecc.., devono poter dire la loro e quindi nel momento in cui la scelta dell’agricoltura biologica non è una scelta di una minoranza di produttori è la richiesta di un territorio che chiede rispetto dell’ambiente ma non solo in funzione di purezza ecologica, ma anche in funzione di sviluppo, la regione Umbria ha fatto la sua fortuna per uno slogan, che era molto efficace : il cuore verde d’Italia, il suo valore è dato dall’ambiente, dal suo territorio per la sua cultura monumentale, ecc..se questa è la logica, e non ce né può essere nessun altra, per una regione così piccola, che certo non può chiedere all’agricoltore di competere con le pianure californiane e con i prodotti che verranno dai paesi di grande estensione, tra cui i prossimi che entreranno in Europa, come la Polonia e la Romania, se questa è la logica, questa è la logica che va sostenuta, l’agricoltore viene sostenuto non per quanto produce ma per il ruolo che svolge sul territorio.

Il segnale importante, secondo il quale, l’agricoltura biologica è in mano a persone che hanno meno di 40 anni, c’è un cambio generazionale, questo è un aspetto interessante che dovrebbe indurre all’ottimismo…

Questo è un segnale importante, che viene lanciato come quasi una scoperta scientifica, ma che non viene valorizzato, il fatto di avere una età media in agricoltura che sta andando oltre i 60 anni, un ricambio molto scarso, un agricoltura biologica che invece vede persone di livello culturale medio-alto, persone capaci di percepire le innovazioni e comprendere gli imput che vengono da una politica regionale, in più., ancora mediamente giovane è il segnale di una dinamicità del settore che deve essere valorizzato, questo non significa che i vecchi devono morire e deve finire quell’agricoltura, però nel momento in cui si incentiva un modello agricolo, anche chi non lo conosce, non è d’accordo, poi ha un modello da seguire, in più, va detto che oggi nessuno fa un ragionamento economico, che prima o poi, verrà al nodo, se queste aziende, non verranno convertite ad una agricoltura collegata al territorio che promuove cultura e tipicità che aggrega alla produzione agricola servizi di altro tipo, che futuro potrà avere, rispetto ad un mercato globalizzato che va proporre le stesse nostro produzioni, a prezzi a cui noi non potremo mai arrivare perché le nostre estensioni sono piccole, perché il nostro territorio è montano e collinare, l’idea non può essere quella di dire tutto va bene, perché domani qualcuno dovrà rendere conto del perché queste aziende sono morte, e i figli non proseguiranno le opere dei genitori, e perché l’abbandono della collina e della montagna, costerà in termini di frane e smottamenti miliardi che usciranno ancora dalle nostre tasche, allora forse, purtroppo il giorno che ci sarà una catastrofe tipo Sarno, si penserà che era utile che quel pastore, quel gruppo di famiglie restassero a governare quel territorio, al di là del fatto che il loro litro di latte o di carne, costava di più, ma in realtà se il costo viene calcolato anche in costo ecologico, forse quel litro di latte valeva 100 volte di più il latte che si importa da altri paesi, perché oltre che la produzione di latte, là ci mettevano il governo del territorio che è un valore che non viene inserito negli input economici.

                                                                                                        (Marta Ponti)

 

Partendo dal presupposto personale che tutta l’agricoltura non biologica insieme a quella falsa biologica dovrebbe essere messa fuori legge, o etichettata con nuoce più o meno gravemente alla salute, partendo da posizioni dure dove addirittura il consumatore dovrebbe essere messo nella condizione di non scegliere, perché il fumo è un optional che deriva da una nevrosi o da un vizio e così tante altre cose, il bere e il mangiare no. Convinta che non dovrebbe esistere agricoltura non biologica, per non mettere il consumatore nella condizione di poter sbagliare, e che al consumatore dovrebbe rimanere la scelta del tipo di prodotto, le modalità per cucinarlo ecc.., la possibilità di decidere, secondo coscienza, sulla base di variabili che derivano dalle combinazioni di gusto, filosofie sottese che proiettano simbologie sui cibi, risultati di ricerche scientifiche e ragioni di salute, cultura o tradizione. Ma nella ferma condizione che l’agricoltura che non inquina dovrebbe essere l’unica agricoltura possibile, si evince che la domanda chiave di fronte al teschio-mela, pera, pomodoro-zucchina o cereale dovrebbe essere inquina o non inquina le falde acquifere, fa morire la terra, si o no, può creare accumulo di sostanze tossiche nell’organismo oppure no, può contaminare l’agricoltura da OGM senza lasciare scelta?, e partendo da tale accertamenti, da supportare con ricerche scientificamente corrette e rigorose, intervenire legalmente con disegni di legge che non siano a favore ma contro, e cioè che non siano solo a favore del biologico, ma che siamo soprattutto in grado di bloccare impedire, bandire una agricoltura che continua a mortificare il concetto di salute e ambiente. Mi reco all’appuntamento con il Dr. Vincenzo Vizioli Presidente Nazionale dell’AIAB, rimango travolta dalla complessità del problema e dagli immensi ostacoli che si oppongono a questo passaggio epocale, del quale chiunque abbia un pizzico di sale in zucca, non può negare l’urgente necessità, non solo di cambiare le regole ma di cambiare il gioco. Proprio come quando i governi propongono grandi opere, ponti su stretti, collegamenti invece di intervenire nelle condutture idriche, (le vere grandi opere della civiltà) che perdono il 40% della ormai preziosissima acqua, proprio come quando ci viene imposta la chimica e vengono assolti gli assassini dei lugubri casi di Mestre, proprio come quando si cerca di far passare gli OGM "invasori", per poter dire in fine che veramente "mai più niente sarà come prima", facendo morire la biodiversità, il mondo sarà sottomesso ad una dittatura, dove la perversione manipolatrice di pochi, avrà schiavizzato la natura, sostituendosi a Dio. Certo è che con tutta la paura di demonizzare che si ha, si viene demonizzati e si subisce la mistificazione dell’informazione, si viene oscurati.

Certa che altre 10 mila "cose azioni e comportamenti e sostanze ecc" della nostra vita quotidiana ci minacciano dall’interno e dall’esterno, (viviamo in mezzo al traffico, lavoriamo con i computer, le lavatrici e i foon i cellulari e quant’altro oggi, ci inquinano con le diossine degli inceneritori e l’acqua è piena di nitrati e nitriti e grugniti di coli disinfettate con clori nocivi) confessando di cadere in errore, come tutti, per consuetudine e sopravvivenza, per carenze di spazi e di tempi per stanchezza e pigrizia alle trappole del male di vivere, reo confessa e aspirante alla perfezione, ritengo necessari dei supporti o rinforzi che sostengano il cittadino psicologicamente e concretamente, e non si faccia dell’etica spicciola, perché non ci tartassano forse con qualsiasi cosa per farci comprare questo o quello? oltre che desiderosa di saperne sempre di più, (affinché i miei gesti quotidiani siano guidati da una convinzione sempre più forte), partita con gli impeti radicali, con le mie certezze ingenue e genuine, ecco che il Presidente dell’Aiab mi fa conoscere la dura realtà: mi mette di fronte alla condizione di dover lavorare "nel e sul proprio", ma in una condizione di dovuto rispetto dell’agricoltura tradizionale, non poter urlare che essa è sbagliata, e pretendere ragione e giustizia, ma dover guadagnare terreno, quasi chiedendo scusa, scusa se probabilmente ho ragione, scusa se esisto, discretamente, in una falsa condizione di dover riconoscere la dignità di chi tradisce la migliore etica per il profitto, e che dovrebbe estinguersi più in fretta possibile, non bisognerebbe più tollerare, continuare a legalizzare un sistema che tradisce la natura. Ho grande ammirazione per l’operato di chi lotta per il domani e affinché un domani sia ancora possibile, quello di tutti. Forse si poteva fare di più in sede decisionale per dare più capacità di espansione al bio? Come ha detto lo stesso Vizioli usare meglio i fondi, messi a disposizione dalla Cee, si potevano prevedere contributi per uso di tecniche alternative ai pesticidi? tappare meglio i buchi per impedire l’entrata degli Ogm, rispetto a tutto questo, sono convinta della necessità di un dialogo costruttivo anche duro tra le parti, affinché non si disperdano energie a combattersi tra alleati, ma si lotti uniti contro il nemico comune, che è rappresentato, oltre che dalle multinazionali, ancora una volta dalle verità-convenienze cristallizzate (anche se solo da 50 anni) con cui gli uomini alimentano la loro sopravvivenza, anche se fondati sulla menzogna, anche se il "nuovo" o se vogliamo "vecchio" bussa alla porta e parla alla ragione e al cuore. Agli stanziali è difficile far cambiare idea, quando l’hanno dovuta cambiare una prima volta, e lo so perché anche mio nonno è uno stanziale, si afferma la ragione dei tanti che temono la crescita nell’accoglienza di un sistema nuovo, per paura di non avere più riferimenti si tengono quelli usurati e vanno avanti, cadendo, a volte, in squallidi compromessi, ritengo che la politica dovrebbe anche saper esercitare una funzione di educazione, formazione in nome di bene comune, e non relegare alla sola domanda di mercato, il segno della maturazione per un cambiamento vero ed effettivo, così ci si attiene alla ragione dei tanti che continuano a dire che la terra è ferma, anche se noi siamo tutti con Galileo che dice: "Eppur si muove!"

Le ragion di Stato dei re che hanno paura di scoprire una nuovo continente per paura che i loro sudditi gli girino le spalle, e che, alla fine, finanziano i viaggi a temerari guidati da un fuoco sacro di conoscenza-giustizia (Colombo docet) , ma non abbastanza da farli arrivare a destinazione.

                                                                                                    Marta Ponti