|
La forza creativa del dialogo
I convegni annuali de l’altrapagina
Intervista ad Achille
Rossi
ANIMATORE E ORGANIZZATORE
PRINCIPALE DELLA RIVISTA L’ALTRAPAGINA E DEI
CONVEGNI ANNUALI CHE ESSA ORGANIZZA È ACHILLE ROSSI, PRETE E
STUDIOSO.
IN UNA PAUSA DEL CONVEGNO ALLA VILLA MONTESCA, NEL VERDE DEL PARCO, GLI
CHIEDIAMO DI PARLARCI DELLA NASCITA E DELLO SVILUPPO DELL’INIZIATIVA.
All’inizio degli anni
’80, quando cominciammo a pubblicare l’altrapagina, si parlava già
di cambiamento
d’epoca e dei segnali che lo annunciavano. Il diffondersi della cultura
pacifista, la sensibilità ecologica,
l’attenzione al dialogo fra culture e religioni, l’analisi delle
disparità fra nord e sud del mondo, apparivano
come i temi caldi della transizione epocale. Ci pareva necessario meditarli
a fondo perché eravamo convinti
che quelli sarebbero stati i punti di svolta. Nacque così l’idea di dar
corpo a seminari nazionali annuali,
monotematici, invitando persone interessate a riflettere insieme con noi sul
cambiamento in corso, aiutati da
esperti di rilievo nazionale e internazionale. Pensavamo che
l’approfondimento culturale avrebbe aiutato anche
il lavoro strettamente giornalistico. In effetti l’altrapagina si
caratterizza per una miscela di temi locali e generali
che diversi lettori, tra cui Ivan Illich, trovano di grande interesse. Da
questa scommessa sono nati i convegni
annuali de l’altrapagina che ci sono cresciuti tra le mani quasi
senza accorgerci. Siamo passati dai primi incontri
con una cinquantina di persone a quelli degli ultimi anni che radunano armai
un pubblico di due o tre centinaia di
partecipanti. Merito soprattutto dei relatori, che espongono con grande
semplicità e competenza, e dei presenti
che sanno instaurare un reale clima di scambio. Per alcuni amici è
diventato ormai un appuntamento fisso, tanto
che ci chiedono di ripeterlo almeno un paio di volte l’anno.
Quali temi sono stati
toccati? E quali relatori avete invitato?
Vale la pena ricordare
alcuni temi di rilievo discussi in questi sedici anni e sottolineare la
qualità dei relatori che li
hanno sviluppati. Nell’estate del 1986 Raimon Panikkar introdusse «Pace e
disarmo culturale», con la
partecipazione di Ernesto Balducci, Fabrizio Battistelli, Luigi Cortesi,
Antonino Drago.
La coniugazione fra il filone pacifista e le tematiche ambientali è stata
tentata negli anni successivi con gli interventi
di Gianni Mattioli, Giannino Piana, Natale Terrin. La sfida che la pace pone
alle religioni è stata analizzata da
Ernesto Balducci, Khaled Fouad Allam. Carlo Prandi, Natale Terrin. Verso la
fine degli anni ’80, quando ci è
sembrato evidente l’impatto micidiale delle politiche neoliberiste nel sud
del mondo, abbiamo preso in
considerazione le tematiche del debito estero, l’ideologia dello sviluppo,
l’antropologia del sistema economico
dominante, il destino dell’Europa, aiutati da persone del calibro di Susan
George, Riccardo Petrella, Maurice
Bellet, Javier Jguiñiz Echeverria, Rodrigo A. Rivas, Enrique Dussel, Enrico
Chiavacci, Bruno Amoroso.
Anche la prospettiva della crisi della modernità e del cristianesimo che vi
è radicato, ci ha spinto a riflettere con
l’aiuto di Maurice Bellet, Massimo Cacciari, Pietro Barcellona, Carlo
Molari. Quest’anno la teorizzazione della
guerra preventiva fatta da Bush ci ha imposto di meditare il tema del
ritorno della guerra nella cultura: lo hanno
sviluppato magistralmente Giulietto Chiesa, Alex Zanotelli, Rodrigo A. Rivas,
Raniero La Valle, Ivan Illich.
Cosa fate perché non vada perduta la
miniera di intuizioni e di
analisi sviluppate in questi incontri?
Pubblichiamo ogni anno degli
agili volumetti che mettiamo a disposizione di un pubblico più vasto.
In tal modo da una costola del giornale è nata la casa editrice l’altrapagina,
che si caratterizza per una particolare
attenzione ai problemi economici.
Come nasce un convegno annuale?
Forse l’aspetto più interessante di questi convegni annuali è che
nascono quasi da sé, per la spinta che i
partecipanti stessi sono in grado di offrire. Il nostro compito è soltanto
quello di recuperarla, di darle corpo e di
farla rifluire all’interno di un circuito più vasto. In tutti questi anni
di attività abbiamo sperimentato, quasi senza
accorgercene, la forza creativa del dialogo.
|
|