Una opinione comica sulla realtà
Intervista a Stefano Benni
VENERDÌ 28 MARZO 2003, STEFANO BENNI HA PRESENTATO IL SUO ULTIMO LIBRO A PERUGIA. ABBIAMO COLTO L’OCCASIONE PER FARGLI ALCUNE DOMANDE SULL’ATTUALITÀ VISTA DA UNO SCRITTORE.
La guerra è scoppiata nonostante il no di milioni di persone. Ha ancora senso fare qualcosa?
È sicuramente un momento difficile, ma proprio per questo, ora più che mai è necessario fare qualcosa, muoversi. Alla sinistra istituzionale che si lamenta di non poter fare niente, preferisco l’energia delle mille anime del movimento, che rappresenta al momento l’unica vera alternativa al sistema esistente. Tutto ciò che facciamo ha il senso della sopravvivenza, mantiene cioè vivo il concetto di umanità. A questo proposito mi piace ricordare l’esempio della signora Pina, staffetta partigiana del mio paese, che quando fu premiata per il suo coraggio dimostrato nella guerra partigiana si stupì di tanto clamore, in quanto riteneva di aver semplicemente fatto ciò che c’era da fare, cioè difendere i propri ideali ed il proprio mondo.
Ma Bush è un pazzo pericoloso?
Credo proprio di si. Ci sono almeno tre elementi che lo confermano. Innanzi tutto ha un cane che tratta come se fosse un peluche, e con cui discute delle strategie militari. In secondo luogo è un ex-alcolizzato in grado di azionare in ogni momento il fantomatico "bottone rosso" dell’autodistruzione mondiale. Terzo, sostiene di essere stato eletto per volontà divina, quando è chiaro che ciò sia accaduto solo grazie a un colossale broglio elettorale. Forse il Dio a cui si riferisce si chiama Texaco?
Ultimamente però chi si schiera contro di lui viene accusato di becero antiamericanismo…
Da sempre l’America è una democrazia sofferta, costretta a convivere con un’anima nera, razzista e maccartista, a cui Bush sta dando rappresentanza politica. In questo senso posso definirmi "antiamericano" anche io, poiché rifiuto categoricamente tali pseudovalori.
Da molti lei è considerato il padre del corsivo politico: che cos’è per lei l’umorismo "impegnato"?
Prima di tutto vorrei precisare che il corsivo politico non l’ho certo inventato io, e comunque rappresenta solo uno dei diversi stili letterali che io utilizzo. Questo "strumento" in un primo momento ha avuto difficoltà ad imporsi, in quanto i giornali, ritenendosi "seri", non consideravano l’umorismo capace di descrivere la politica e la realtà. Alcuni anni fa c’è stata una vera esplosione del genere, tanto che i corsivisti sono diventati commentatori politici a tutti gli effetti. Per quanto mi riguarda la mia è satira mai disimpegnata, e se devo sacrificare qualcosa preferisco mettere da parte il divertimento a favore della verità. Mi chiedevi poi dell’umorismo impegnato: personalmente io vedo due categorie di comicità. Una che definirei "televisiva" e della non-sorpresa, con il comico che si limita a ripetere al pubblico ciò che il pubblico vuole sentirsi dire, trasformandosi di conseguenza in un "anticomico". Un'altra in cui l’artista invece dice la propria opinione sulla realtà. Secondo me una comicità è sana quando mescola elementi di entrambe le categorie; oggi purtroppo domina una comicità immediata e fine a se stessa.
Come può un artista oggi esprimere il proprio dissenso?
Rimbaud insegna il "sacro disordine", ovvero che ogni forma d’arte è utile al fine di manifestare la proprio opposizione. Personalmente sono rimasto particolarmente deluso dalla reazione del mondo del rock, troppo debole o addirittura assente. Uno come Fabrizio De Andrè avrebbe urlato il suo no alla guerra, cosa che non stanno facendo alcuni "rivoluzionari" in pantofole, pronti però a dare vita a manifestazioni di pseudosolidarietà per le popolazioni bombardate; a conflitto terminato, naturalmente…
(Filippo Costantini e Diego Laudi)