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Un Umbro in America dopo l’11 settembre
Intervista a Lorenzo
Feligioni
NATO IN UMBRIA NEL 1973, DOPO
ESSERSI LAUREATO
IN FISICA ALLA UNIVERSITÀ DI PERUGIA, DA DUE ANNI
LORENZO FELIGIONI SI È TRASFERITO NEGLI STATI UNITI,
DOVE STA LAVORANDO. ERA LÌ ANCHE L’UNDICI
SETTEMBRE E ABBIAMO VOLUTO RACCOGLIERE LA SUA
ESPERIENZA IN QUEI GIORNI.
Sto operando come fisico
ricercatore alla Boston University.
Ho visto anch’io le immagini in televisione, all’inizio ho provato
sorpresa e incredulità, molta incredulità! Solo dopo molte ore
ho sentito intorno a me materializzarsi nelle persone la paura
e il panico. Vedevi poca gente in giro e coglievi concretamente
l’elaborazione del lutto. Nel Nord Est degli USA, dove io mi
trovavo, vedevi celebrate un po’ ovunque funzioni in rito ebraico,
cattolico e protestante e molte fiaccolate, resti di candele e torce
erano sparsi un po’ dappertutto. Questa grande elaborazione
del lutto, con il passar delle ore, si è trasformata in una grande
spinta nazionalistica, un patriottismo che ovunque si riproponeva
con la frase "adesso la pagheranno". I giornali hanno subito
segnalato alcuni degli obiettivi che si sarebbero dovuti colpire.
Per molto tempo le uniche immagini che si sono viste in
televisione rappresentavano soldati che partivano. Possiamo
dire che tra i giornalisti è scattata una specie di autocensura,
che salutava i morti e i pompieri come gli unici veri eroi di questa
situazione. Telecamere sempre puntate su Ground zero, Terreno
zero, l’area delle Torri gemelle distrutte dove ancora si tolgono le
macerie. La vastità del lutto è stata così grande da scoprire che
in molti conoscevano qualcuno che era deceduto in uno degli aerei
o in uno dei grattacieli.
È proprio vero che dopo l’undici
settembre sono cambiate
molte cose nelle abitudini quotidiane?
È aumentata la paura, in
qualche modo si nota che le persone
ora si sentono bersagli. È cresciuto il timore di salire sull’aereo
e questo per gli Stati Uniti è un bel problema. In altre parole,
credo si stiano pagando alcuni errori di Reagan che ha voluto
rendere più deboli le organizzazioni sindacali proprio negli
aeroporti,
affidando il lavoro del controllo a terra a strutture private.
Gli attuali addetti alla sorveglianza degli aeroporti sono lavoratori
precari spesso mal pagati. Adesso che si vorrebbe alzare il livello
di sicurezza molti vorrebbero tornare indietro, ma penso che sono
proprio i privati ora a resistere e rendere difficile l’operazione.
Che impatto hai avuto con
questo grande paese tu,
giovane studente appena laureato?
Ho trovato un Paese
particolarmente complesso e dalle grandi
opportunità. Le persone capaci sono ben pagate. Molte sono le
possibilità di carriera. Elevatissimi sono i ritmi e i carichi di lavoro.
Ti faccio un esempio: a volte, per non perdere tempo, i seminari
dentro l’università sono organizzati durante la pausa pranzo.
I miei primi due anni sono stati particolarmente pesanti perché
ho dovuto seguire corsi, dare esami a scadenze fisse e
contemporaneamente lavorare per la ricerca.
Qui tutto ha dimensioni grandi, quello che mi ha colpito subito è
che non esistono piazze e luoghi di incontro, a ventuno anni si beve
la prima volta e a sedici si compra la pistola. Pur stando a Boston,
io lavoro per la "Fermi Lab Botavia" che si trova in Illinois.
A me hanno subito detto che Boston nel Massachussets è la più
europea delle città americane, trovandosi in una zona di antico
insediamento nell’America del nord. Si sente che è una città puritana:
la domenica non si vende alcol, alle due di notte i locali sono
chiusi,
forte è il proibizionismo contro il tabacco e il fumo. Qui c’è
però
anche gente che viene da tutto il mondo. Lavoro gomito a gomito
con un russo, un americano, un indiano… come nelle barzellette.
Non tutti arrivano per far soldi, molti cercano solo di realizzarsi tra
mille contraddizioni come i tanti ispano-americani che qui all’Università
di Boston fanno i lettori di spagnolo e i correttori dei compiti..
Questo americano non è esattamente l’ambiente nel quale desidererei
vivere per il resto della mia vita. Adesso ci sto bene…è solo una tappa
importante.
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