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Giovanni Rosati, una vita per i diritti del
lavoro
Intervista a Pierpaolo Mariani
Giovanni Rosati, nato a Gualdo Cattaneo nel
1924, fu arrestato dai fascisti per non essersi
presentato alla leva repubblichina e spedito al lavoro forzato in
Germania; alla fine della
guerra, tornato in paese, entrò in miniera e cominciò ad organizzare il
sindacato; fu presto
licenziato, e da lì ebbe inizio la sua militanza politica e sindacale
nella Cgil, di cui divenne
dirigente provinciale e segretario di importanti categorie di lavoratori,
in particolare degli edili.
Fu poi chiamato ad organizzare il sindacato dei pensionati:
inizialmente forse poco entusiasta,
vi riversò poi tutta la sua capacità ed il suo impegno, facendolo
diventare ben presto il
sindacato più numeroso ed organizzato. Organizzò centinaia di assemblee,
aprì uffici di
consulenza per problemi assistenziali e previdenziali, contattò enti ed
associazioni per dar vita
a forme di socialità e svago per lavoratori anziani. Morì, ancor giovane
e in piena attività,
nell’inverno del 1979. Con Pierpaolo Mariani, che fui suo collaboratore
nel sindacato,
rievochiamo gli anni più fervidi e intensi della sua militanza
sindacale.
Anche se ho lasciato da tempo il sindacato,
il pensiero non può che andare a quel periodo che me
ha rappresentato quasi metà della mia vita; e parlare di Giovanni Rosati
è per me parlare della mia
formazione. Le categorie che lui ha diretto per lunghi anni sono state
molte, e alcune sono
scomparse come categoria, come rappresentanza sociale: penso ai dipendenti
di certe piccole
attività, come i gessai che cavavano il gesso; i cavatori; i falegnami, e
Perugia era un centro
importante di falegnamerie che oggi, almeno in quella forma, non esistono
più; ed inoltre l’edilizia,
i laterizi, le categorie che allora sicuramente soffrivano di più, non
solo per la situazione economica
di quel periodo, per la difficoltà generale a trovare un lavoro, ma
anche come fatica fisica perché
allora non si lavorava con i mezzi di oggi: le prime gru sono di poche
decine di anni fa, e qui a
Perugia la maggior parte dei cantieri avevano pochi mezzi. Quindi le
categorie cui Rosati ha dato
un grande contributo di elevazione economica e anche morale sono state le
più umili, insieme ai
braccianti, ed erano le categorie che nella Cgil andavano sotto la
denominazione sindacale di Fillea,
cioè Federazione Italiana dei Lavoratori del Legno, della Edilizia
ed Affini; e con il termine Affini
si comprendevano appunto i lavoratori delle fornaci, i cavatori delle cave
di pietra, i gessai.
Mi ricordo che spesso mi capitava di andare con lui nei cantieri; e
poiché questi erano tanti e
dispersi e ciascuno con pochi dipendenti, non potevamo certamente
aspettare le cinque quando
staccavano, come facevamo con i tessili o altre aziende; l’unico momento
in cui si poteva andare
era tra mezzogiorno e l’una, quando i lavoratori staccavano e si
trovavano all’interno dei cantieri
con la gavetta in cui portavano da casa la pastasciutta o la salsiccia, e
la riscaldavano: in quel
momento noi andavamo lì a fare le riunioni, a parlare con loro; e da lì
cominciò il nostro lavoro,
prima di nascosto, di sotterfugio, e poi, con la conquista della Cassa
Edile e del diritto
all’assemblea e al Consiglio di cantiere, ottenemmo la possibilità di
andare a fare assemblee di
cantiere con l’autorizzazione.
E questa per me è stata una grande lezione
di umanità, perché trovavamo la gente nel disagio,
nel momento di scaldare il pasto portato da casa e di prendersi un po’
di pausa dal lavoro, ma era
anche un momento simpatico in cui ti passavano il bicchiere del vino, e
parlavamo, discutevamo,
e riuscivamo a far comprendere delle cose come l’istituto della Cassa
Edile.
Questa aveva un meccanismo un po’ particolare, per cui all’inizio non
fu condiviso da tutti: infatti
tratteneva una parte del salario e l’accantonava in un fondo comune,
appunto la Cassa Edile, che
poi veniva distribuito in occasione del Natale. Con gli interessi che la
Cassa Edile gestiva vennero
dati assegni in caso di morte del lavoratore, furono istituiti dei
sostegni per i figli, delle borse di
studio, insomma una serie di benefici. Il meccanismo era semplice, in
quanto il lavoratore vedeva
trasferire una percentuale minima del salario alla cassa Edile, e su
quello il sindacato prendeva una
trattenuta con delega, che appunto serviva a finanziare il sindacato; e
questo ha consentito una
certa tranquillità al sindacato.
Ci sono state altre grandi battaglie
sindacali nel settore dei laterizi, battaglie che sono durate anche
quindici-venti giorni alle Fornaci di Marsciano, ai Laterizi di Todi, alle
Fornaci qui di San Marco
che oggi non esistono più: passando qualche giorno fa a S. Marco ho visto
che la Fornace è stata
abbattuta, resta solo la ciminiera a testimonianza di ciò che c’era.
Nelle fornaci certamente la
gente faticava perché i mezzi non c’erano e molti lavori erano fatti a
braccia, però fino ad un certo
punto c’è stata buona occupazione nel territorio di Perugia, grazie
anche a queste piccole attività,
seppure con tutti i rischi che comportavano, se pensiamo a tutti gli
incidenti, anche mortali, che
sono avvenuti in queste aziende o nelle cave. Oggi i tempi sono diversi,
ma i lavoratori hanno
avuto molti benefici anche e soprattutto per la guida di uomini come
Rosati; e non dobbiamo farci
rimangiare le conquiste di allora.
Questo nostro lavoro certosino, faticoso,
è stato anche motivo di soddisfazioni.
La sera ad esempio si andavano a trovare nelle osterie, dove i lavoratori
a giocare a carte, oppure
nei container quando qui venivano operai da altre regioni, quando si
faceva la superstrada, con
lavori come la galleria di Prepo che ha richiesto molti mesi di lavoro
duro per scavare in mezzo
ll’acqua, e ci sono stati anche incidenti mortali. Gli operai lavoravano
tutta la settimana, quindi
rimanevano anche la domenica, e dormivano nei container. Era gente del Sud
o del Nord, quindi
c’è stato uno spostamento notevole, fatto dalla classe operaia.
Ricordo anche cose simpatiche di quando con
Rosati andavamo a incontrare questi lavoratori,
come a Città di Castello, dove gli operai facevano la cosiddetta passatella;
dopo aver fatto questi
incontri, non vere e proprie riunioni ma piuttosto chiacchierate, ci
si adeguava ai loro svaghi: la
gente giocava a carte e magari, col fiasco del vino, cominciava la
passatella.
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