Il risveglio della memoria
L’associazione "Nessun dorma!" di Todi
Intervista a Carlo Zoccoli
A Pontecuti di Todi, lungo l’argine del fiume Tevere, quasi sotto le arcate del ponte, c’è la sede dell’Associazione "Nessun dorma!", attiva da circa tre anni. Il Presidente è Stefano Spiganti. Ce la descrive Carlo Zoccoli, portavoce dell’Associazione.
L’Associazione è nata nel febbraio del 2000, e io mi sono "infiltrato" circa sei mesi dopo, essendo uno dei più grandi perché sono tutti molto più giovani di me, e ho messo a disposizione le mie esperienze, le tante cose fatte dalla fine degli anni Settanta da un punto di vista creativo, anche recuperando un po’ delle cose di quegli anni che sono andate perdute, di cui nessuno ha tenuto niente, tutti hanno buttato per tanti motivi, non ultimi i motivi della repressione; e questo è servito anche a me perché sono riuscito a recuperare parte della mia memoria, non solo di fatti avvenuti ma anche di cose scritte, di cose realizzate, di idee, di esperienze. Questa associazione nasceva da un gruppo di giovani di vent’anni, ragazze e ragazzi, quasi tutti studenti, qualche lavoratore, qualche insegnante, che si riunivano in piccolo garage della periferia di Todi, con una grande bandiera del Che Guevara, e si riunivano più che altro per suonare, senza nessuna velleità di incidere in nulla se non nella loro quotidianità. Dopo due o tre tentativi falliti per fare qualcosa, è nata questa associazione, per cercare di smuovere un po’, come si dice, il mondo dei giovani qui a Todi, da un punto di vista prevalentemente culturale.
Quindi il gruppo è nato da interessi musicali?
Da interessi musicali e cinematografici, ma comunque da quello di legare alle esperienze cinematografiche e della musica le soggettività sociali collegate ai problemi del terzo mondo o sociali, ma era ancora un discorso abbastanza basso. L’associazione aveva una ventina di soci, che non è poco per una città come Todi, che dalla fine degli anni Settanta non aveva visto assolutamente niente, né tanto meno l’amministrazione comunale ha mai investito risorse sia umane che economiche in attività culturali per i giovani, ha abbandonato completamente il terreno, tant’è che le uniche attività culturali che si facevano a Todi erano di gruppi di intervento locale vicini alle parrocchie. In vent’anni quindi a Todi è stata fatta tabula rasa di quelle esperienze nate alla fine degli anni Settanta e anche alla fine degli anni Sessanta, quando invece c’era un certo fermento culturale, c’era un’attività di teatro sperimentale, e anche nel recupero delle tradizioni popolari musicali c’era un gruppo che ha fatto una grossa ricerca sul territorio, si chiamava Gruppo di ricerca musicale, avevano un furgone grigio e andavano per le campagne, registravano le canzoni, le filastrocche, e poi ne fecero uno spettacolo che ebbe anche un certo successo; e questo patrimonio è comunque conservato in Biblioteca, dove ci sono decine e decine di nastri. Dopo queste esperienze, ed anche il grosso impegno politico di quegli anni, ci sono stati vent’anni di vuoto totale; l’unica attività culturale che faceva la sinistra a Todi era la festa dell’Unità. Invece noi abbiamo cominciato un’attività, e da un primo momento con proiezione di film, con l’immancabile dibattito, si è deciso poi di entrare nel vivo con la campagna contro gli o.g.m.: c’è stato un forte impegno, sono state raccolte a Todi duemila firme, molte iniziative divulgative nelle scuole, conferenze, sempre legate a momenti culturali con il concerto, o piccoli momenti di teatro, sempre autoprodotti e gestiti dall’associazione. In seguito ci siamo avvicinati a tutte le tematiche del movimento, quindi dalla critica al neoliberismo all’acqua, dalla Palestina alla guerra e alla pace.
Facendo iniziative su questi temi?
Si, una discreta mole di iniziative: in due anni, oltre cinquanta iniziative, tra conferenze, concerti, dibattiti, partecipazione a manifestazioni, materiale divulgativo e informativo… I temi sono quelli espressi dal movimento, perché ci siamo trovati coinvolti proprio nel mezzo dello sfociare del movimento, anche partecipando alle cose esterne alla città, ai Forum, a Genova: noi siamo andati tutti a Genova per i due giorni, ci siamo trovati coinvolti nei fatti, e anche quella è stata un’altra spinta; abbiamo fatto tre o quattro iniziative sul dopo-Genova, perché avevamo fatto un discreto reportage fotografico, quindi abbiamo fatto una mostra che è girata anche a Orvieto, e una iniziativa per ricordare Carlo Giuliani con la madre Heidi.
Quindi avete sviluppato anche un lavoro politico?
C’è stato anche un tentativo di inserirci nel tessuto politico cittadino, pensando di organizzare una lista civica, visto che in un primo momento c’era stato un certo dialogo con Rifondazione comunista, poi dopo Rifondazione ci ha completamente abbandonati, penso per paure egemoniche locali, perché chiaramente una associazione attiva, che ha molti simpatizzanti in città, e tra l’altro simpatizzanti che non hanno riferimenti politici, specialmente fra i più giovani come i diciassettenni o diciottenni che seguono l’attività o i concerti, evidentemente il circolo di Todi di Rifondazione ha avuto paura di mettere nelle liste persone che potevano in un certo modo scalzare alcuni che ormai per conformazione politica miravano più che altro al mantenimento dello status, piuttosto che a cercare di cambiare veramente le cose, per cui dopo un primo contatto ci fu il silenzio più totale e noi disertammo quasi le elezioni e comunque abbandonammo Rifondazione a se stessa, tra l’altro con un risultato locale disastroso alle politiche anche per aver fatto una campagna elettorale senza creatività, senza nessun appoggio con la realtà locale; ed è rimasta l’incrinatura con questo soggetto politico col quale molti di noi simpatizzavano allora.
E invece come avete ricostruito il legame con il passato?
La scintilla è stata la celebrazione del 25 aprile, che a Todi non si celebrava più da vent’anni: era una cosa quasi dimenticata, c’era solo un piccolo gruppetto, sempre più piccolo, di ex partigiani che il 25 aprile portavano la corona alla lapide delle vittime del fascismo: tra loro c’è mio padre, ma sono rimasti ormai in due, quindi… ogni anni sempre meno, accompagnati dal sindaco, o dalla banda, quando dalla finanza e quando dai carabinieri, erano ormai più i militari che gli altri, si stava perdendo l’essenza vera, popolare di questa festa: allora noi abbiamo organizzato un 25 aprile completamente sconvolto, con un concerto in piazza, una bella mostra sulla Resistenza nelle nostre zone, un dibattito con Francesco Innamorati, e poi abbiamo realizzato una piccola cosa tra teatro e musica, completamente autocostruita, con testi musica parole originali, sugli avvenimenti che hanno portato il fascismo nelle nostre zone, a cavallo fra il 21 e il 23, con i fatti che sono successi nelle nostre zone, nelle nostre campagne, e abbiamo avuto un grosso successo e ci hanno chiesto di replicarlo in città e paesi qui intorno. Poi lo abbiamo rifatto per tre anni di seguito, sempre in maniera diversa, nuova, tant’è che il 25 aprile è tornato ad essere una festa vera.
E avete lavorato sulla memoria delle persone?
Siamo riusciti a ritrovare delle memorie, legate all’antifascismo e alla resistenza, che erano state dimenticate: si era creata una specie di diritto all’oblio per cui, in una piccola realtà come la nostra dove tutti si conoscono, sembrava che di fascisti e di antifascisti non si potesse più parlare: se parli di quello, ma quello è lo zio, era podestà, allora il nipote, ecc. Invece noi abbiamo cominciato a scavare, a tirare su i vermi da questo sottobosco, ed è una ricerca che tuttora va avanti, siamo riusciti a ricostruire un tessuto di antifascismo, specialmente verso la fine della seconda guerra mondiale, molto interessante, fatto di centinaia e centinaia di persone di cui non si sapeva niente; si diceva: da noi partigiani non ci sono mai stati, e invece nelle zone del Tuderte partigiani ce ne sono stati e ci sono state grosse operazioni, specialmente nell’aiuto verso i renitenti alla leva e i soldati che scappavano dai campi di lavoro o dalle prigioni: gente che veniva avviata al lavoro volontario, che poi significava andare in Germania. E abbiamo scoperto anche delle cose marce, del tipo degli industriali della zona che sotto il ricatto di denunciare i renitenti ai repubblichini, gli facevano un foglio di lavoro volontario presso l’azienda e quindi questi lavoravano gratis senza essere pagati, pur di non partire per la Germania o per il fronte; e questi sono quelle famiglie che hanno fondato la ricchezza di Todi di ora, i ricchi di oggi: la loro ricchezza è nata sul ricatto e sull’adesione in maniera spietata al nazismo, neanche al fascismo, perché a Todi c’erano i Tedeschi, era una città ospedale quindi c’era un Comando importante. Quindi sfruttavano il potere di salvarti la vita per portarti a lavorare gratis in fabbrica.
E invece come è nato il lavoro su Matteuccia da Todi?
La nostra ricerca sulla memoria è partita da più lontano, addirittura dal Medio evo, dall’analisi dei processi per stregoneria, di cui qui a Todi abbiamo uno degli esempi più antichi, quello di Matteuccia, che è riportato in tutti i testi che si occupano di queste cose; abbiamo cominciato ad esaminare in maniera investigativa questi fatti, per vedere come la storia di una giovane donna di campagna poteva diventare il fulcro di uno scontro politico cittadino tra le varie componenti signorili, che sfruttavano questa cosa della stregoneria per questioni di potere. Abbiamo ricostruito il processo, e ci siamo resi conto che oggi Matteuccia non sarebbe stata bruciata sul rogo, perché qualunque avvocato sarebbe riuscito a far vedere che le prove che loro portavano erano palesemente false o inconsistenti: ad esempio, loro portavano a testimonianza il luogotenente dei Baglioni, che allora era signore della zona per un breve periodo, e attraverso ricerche d’archivio abbiamo scoperto che quel luogotenente era morto tre anni prima del giorno in cui avrebbe reso la testimonianza, e quindi era un falso totale di chi ha trascritto i resoconti del processo. Ma siccome lei si era schierata con i Baglioni, contro la signoria di Todi, appena il Baglioni se n’è andato è stata processata per stregoneria. Quindi abbiamo voluto ripercorrere le radici culturali di questo periodo storico che in parte ha segnato anche certi costumi ancora vivi oggi, specialmente nelle campagne.
Avete ripreso anche il lavoro sulla cultura popolare?
Sostanzialmente no; avevamo cominciato un lavoro di archivio sonoro, di interviste, che adesso si è un po’ arenato, devo dire in parte è stato anche il succedersi degli avvenimenti, le guerre, il movimento, per cui abbiamo lavorato su altre cose.
Qui infatti vedo i preparativi per Pontecuti in jazz.
Si, dall’anno scorso abbiamo cominciato Pontecuti in jazz, una serie di concerti in cui diamo spazio a tutte quelle realtà di musica jazz umbre che non riescono a trovare spazio nell’ambito di Umbria jazz: chi conosce il jazz sa di cosa parlo, parlo di Rossano Emili, parlo di Mencarelli, di Marrani, di tutta una serie di personaggi locali che collaborano a magari con importantissimi personaggi di livello internazionale, però a livello locale sono snobbati: ad esempio un gruppo di qui ha aperto l’anno scorso Siena Jazz, ma in Umbria non riesce a suonare. Quindi stiamo facendo un’operazione che a livello teatrale tentò Silvano Spada in anni passati con il Festival di Todi, in cui dava spazio a gruppi teatrali o persone, attori, che dopo sono diventati Giulio Scarpati, ecc., però all’inizio venivano al Festival di Todi perché non trovavano spazio da nessuna parte; naturalmente, noi lavoriamo senza una lira mentre lì c’erano i miliardi, però… Anno scorso ha avuto un discreto successo anche sulla stampa locali, e quest’anno riparte la seconda edizione.
L’associazione è cresciuta in questi anni?
Il nostro fallimento è che non siamo riusciti ad allargarci come gruppo, al di là delle tante forti simpatie diffuse tra la cittadinanza, non solo tra i giovani, però non riusciamo a coinvolgere le persone più di tanto nelle iniziative, siamo stati anche tacciati di estremismo, di radicalismo, specialmente sui temi dell’ecologia. Ad esempio la questione del cromo, una storia di un mese fa: abbiamo scoperto una grossa azienda locale che buttava cromo nel fiume, noi abbiamo fatto una denuncia pubblica, pensavamo che finisse lì e invece c’è stato un grosso scontro che ha coinvolto l’amministrazione comunale, l’Arpa, la Usl, e non si sa ancora come andrà a finire. Certo, quando ti butti contro forze di questa portata qualche morto e qualche ferito c’è; ogni mattina guardo la posta per vedere se c’è qualche denuncia, invece finora niente, evidentemente avevamo ragione. Forse è per questo che non si fidano molto di noi, perché è bello quando facciamo il 25 aprile, però quando si vanno a muovere certi interessi…