Una collezione di fiaschi
Il vetro: materiale prezioso, gioco, e arte
Intervista a Pierpaolo Mariani
Con un paziente lavoro di raccolta e di selezione, Pierpaolo Mariani ha realizzato una straordinaria collezione di bottiglie, fiaschi, damigiane e altri contenitori di vetro, che sono state esposte in numerose città e paesi dell’Umbria. Gli chiediamo come è cominciata questa raccolta.
Raccolgo oggetti di vetro da quando ero ragazzo, quasi per gioco. Ma negli anni del dopoguerra era quasi una necessità, dato che ero di famiglia umile, con il reddito discontinuo di mio padre che ha fatto sempre lavori pesanti: nei cantieri stradali, in miniera, alla cementeria, alternati da lunghi periodi di disoccupazione, ai quali sopperiva con la "quindicina" del Comune o la mesata in Vetreria… Noi andavamo a raccogliere il vetro lungo le strade o nei fossi, insieme alla raccolta differenziata di alluminio, rame, ferraccio: era una forma di integrazione, per poche lire si raccoglieva di tutto e in molti siamo cresciuti così. Per me poi il vetro ha rappresentato qualcosa in più. Da ragazzi si giocava nelle piazze con le "palline" di vetro: quella delle biglie è stata la mia prima collezione, ce n’erano di tutti i tipi, di tutte le sfaccettature, opache, trasparenti, colorate e servivano anche come merce di scambio, con le figurine o i tappi delle bottiglie. Si giocava prima e dopo la scuola, prima e dopo pranzo.
E il tuo rapporto con la Vetreria di Piegaro?
Io abitavo non lontano dalla Vetreria, dove giornalmente arrivavano camion carichi di vetro, che serviva per arricchire la miscela dei forni; la voce si spartgeva in un lampo e via tutti a cercare palline nei mucchi di vetro nel piazzale della Vetreria. Qualche volta erano gli stessi gemnitori che ci facevamno la sorpresa di riportare le palline tolte alle bottiglie di gassosa. Dai mucchi di vetro si "capavano" anche le bottiglie di birra utilizzate per la conserva del pomodoro.
Tu hai anche lavorato in Vetreria.
Si, come apprendista, per un breve periodo: ho ancora negli occhi il bagliore accecante del forno, e nella mente rivedo i maestri vetrai roteare la canna da soffio, come danzatori in un palcoscenico assordante, che trasfiormavano la materia infuocata in contenitori e oggetti variegati che abbellivano poi cantine, case e vetrine.
E adesso collezioni fischi?
Raccolgo tutti gli oggetti in vetro: vecchi fiaschi impagliati o nudi, toscani o piegaresi, il Rufino, le Pulcianelle, quelli a collo ritorto, i cammelloni, mezzi pesi, strapesi, mignonettes; ma anche bottiglie dell’acqua minerale, bicchieri, calamai, pappagalli, macchinette per clistere, briocche, fiaschette cavaolio, canne per travasare il vino, boccioni e bottiglioni, dame, "nuore e suocere", ampolle portaghiaccio, imbuti e bollitori da vino, occhiali, lampadine, galleggianti, isolanti, vasetti, flaconi, boccette, vaselle nostrane e straniere, damigiane.
Sono oggetti di valore?
No, hanno scarso valore commerciale, alcuni rigorosamente di fattura artigianale, o rari come la bottiglietta della gassosa. Quando scopro una damigiana abbandonata devo avvicinarmi, esaminarla e palparla; magari ne raccolgo solo il "doccio" dove mi piace scoprire la firma del maestro che l’ha forgiata, o si può leggere il luogo di produzione, o la sua portata: parlo naturalmente di quelle soffiate a bocca, pezzi unici, opere d’arte irripetibili come veri Cézanne o Van Gogh.
Dove le vai a cercare?
Le cerco nelle soffitte, nei sottoscala, nelle vecchie cantine; le scovo nei cassonetti delle riciclerie, del tipo a collo stretto o largo, col bavero, nude o vestite di paglia, di biodo o di scarcia, oppure di vinco; di forma ovale o rotonde; ma anche bistonde, e ne salvo qualcuna, prima che tornino a formare la massa vitrea per le insignificanti bottiglie di vetro. Sono oggetti dalle forme e dai colori semplici ma che trasfondono fatica e ingegno umano. Per questo reputo importante raccoglierli e mostrarli.