La mobilità in tempi di crisi della Fiat
Karl-Ludwig Schibel

 

La Fiera delle Utopie concrete di quest’anno (Città di Castello, 11-13 ottobre 2003) sarà dedicata al tema della mobilità e delle sue conseguenze sull’ambiente e sulla vivibilità delle città e dei territori. Pubblichiamo la relazione programmatica del coordinatore Karl-Ludwig Schibel, presentata in occasione del seminario preparatorio tenutosi in aprile, insieme al testo della proposta di Guido Viale sulle possibilità di intervento concreto.


LA MOBILITÀ COME SOGNO, DIRITTO, DOVERE
La mobilità, il poter spostarsi da un luogo all’altro velocemente e senza fatica, è uno dei sogni perenni dell’uomo. Spesso viene associato col vento e l’attraversamento dei mari, con le nuvole e il volo degli uccelli, con le cadute nella profondità della terra per arrivare, come Alice, nel Paese delle Meraviglie.
Questo sogno della mobilità ha sempre anche una sottocorrente di pericolo. Icaro cade a morte, Ulisse perde molti compagni e affronta numerose catastrofi sul mare, la minaccia di morire dalla sete per le carovane nel deserto, di cadere nelle mani di ladri nei boschi.
Fino all’arrivo dell’industrialismo, al di fuori dei sogni, la vita quotidiana della stragrande maggioranza della gente in Europa si svolgeva nella vista del campanile in un raggio di pochi chilometri e l’unico mezzo di spostamento erano le proprie gambe. Le eccezioni erano i soldati nei tempi di guerra, il clero nei pellegrinaggi, i commercianti a lunghe distanze e i nobili/amministratori che giravano nel proprio territorio. Carlo Magno, Lutero, le Crociate, i Medici. Gli spostamenti erano, anche nelle condizioni migliori, faticosi e quasi sempre pericolosi – se non per minacce di violenza quanto per il pericolo di ammalarsi.
Basta leggere il Viaggio in Italia di Goethe per capire quali fatiche subiva, già in tempi moderni, un cittadino benestante per viaggiare su uno degli itinerari più percorsi del tempo.
Questa situazione, quasi immutata per circa diecimila anni, dal Neolitico e lo sviluppo dell’agricoltura fino ai tempi moderni, cambia drasticamente con la Rivoluzione Industriale e la macchina a vapore prima il motore a scoppio poi. Con il treno, la nave a vapore, l’automobile e l’aereo in pochi decenni si allarga la possibilità per un numero crescente di persone di spostarsi per distanze sempre più grandi a velocità sempre più elevate. Il sogno del viaggio magico in paesi lontani viene superato dal diritto alla mobilità per passare un weekend al mare, fare una visita ai nonni o trovare lavoro in un’altra città. Questo diritto oggi ha assunto nei paesi ricchi per tutti, salvo le fasce più povere, una naturalezza assoluta. Dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi è cresciuto in continuo il numero di spostamenti a persona e la distanza superata. Sembra che sia rimasto più o meno uguale il tempo che la persona statistica passa spostandosi. Le ore che una volta camminava oggi le passa in auto, in metropolitana, in aereo.
Statisticamente solo un terzo di questi spostamenti avvengono per piacere, per fare delle visite, andare al cinema o in vacanza. Gli altri due terzi si svolgono o per lavoro o per obblighi – fare la spesa, portare i figli a scuola o dal medico. La mobilità anche su distanze considerevoli è diventata, non solo un diritto, ma anche un dovere. Mentre diminuiscono i negozi per i fabbisogni nei centri storici, nascono i centri commerciali sul prato fuori città, raggiungibili solo con l’automobile. Le case abbordabili si trovano perlopiù in periferia e per chi cerca lavoro fare il pendolare per cinquanta chilometri la mattina e la sera viene considerato ragionevole. Un circa 20 % dei lavoratori dipendenti sono pendolari. Questa quota è rimasta costante negli ultimi anni, mentri le distanze continuano ad essere in crescita.
Il transito dal diritto alla mobilità all’obbligo di doversi spostare è fluido e spesso poco chiaro anche alle persone coinvolte.

I COSTI DEL SOGNO E DEL DOVERE DELLA MOBILITÀ
Nei paesi ricchi si dedica una parte consistente di tempo e di denaro alla mobilità sia per piacere che per dovere. Da molti anni le spese per l’automobile superano quelle per i cibi con l’effetto impressionante, e in un primo momento sorprendente, che nelle fasce più benestanti crescono i mezzi impegnati non solo in termini assoluti, ma anche in termini relativi. L’automobile nella lingua degli economisti è un "bene superiore" e continua ad essere uno status simbol di tale rilevanza che più me lo posso permettere più spendo per dimostrare al mio gruppo, innanzi tutto agli altri "ragazzi" tramite la macchina che guido, che sono un uomo potente e di successo. La macchina continua a rappresentare l’oggetto del desiderio più importante per un gruppo consistente di quasi esclusivamente uomini. Altrimenti non si spiegherebbe la discrepanza grottesca, al livello del valore d’uso, tra il compito da svolgere - spostare 75 Kg di carne e ossa in più della metà dei viaggi per meno di due chilometri - e il mezzo impegnato - una scatola di metallo di una tonnellata e mezza propulsa da un motore a scoppio di decine, se non di centinaia di Kwh di potenza. Wolfgang Sachs evoca l’immagine della scelta della motosega per tagliare il burro. Fa impressione che questo mezzo continua ad aumentare a dismisura in potenza e peso, come evidenzia in modo spettacolare la crescita drammatica della quota di SUVs (Sport Utility Vehicles) nel parco macchine degli Americani. Sono mezzi super pesanti, ad alto consumo di carburante e ad occhio sembrano un mix tra una jeep e un camioncino, ma di "utility" non hanno altro oltre dare la sensazione di spostarsi in una fortezza a quattro ruote.
Sono in crescita anche gli altri settori di mobilità, in particolare il trasporto di persone e merci in aereo.
Sono 40.000 i voli commerciali ogni giorno solo negli Stati Uniti che rappresentano un 35% del traffico aereo mondiale e, superata la crisi dopo la catastrofe del 11 settembre, il settore è tornato a crescere. Sono in espansione non solo i voli per lavoro, ma soprattutto quelli per vacanze e non sorprende che il turismo è l’industria numero uno a livello mondiale, sia in termini di soldi spesi che di posti di lavoro. Il trasporto dei clienti ne è una parte importante, il fabbisogno turistico è un fattore centrale nella crescita degli aeroporti da Newark a Kuala Lampur. Fr a il 1999 e il 2019 si prevede un raddoppiamento del traffico aereo con una crescita annuale del 5% mentre il consumo del carburante crescerà del 3,2%.
Altro settore in forte crescita è il trasporto su gomma. Si prevede un raddoppiamento dei chilometri percorsi dai camion in Europa entro il 2015. Il trasporto di merci cresce più velocemente del PIL, il che si spiega con i costi irrisori che ricadono sul trasporto. Quest’ultimo ammonta a 0,7 – 4% dei costi di produzione. Crescerà, ma molto più lentamente su un livello più basso, il trasporto di persone e merci su ferro.
In sintesi si può dire che nei paesi ricchi il fabbisogno per mobilità e trasporto si trova ad un alto livello. La parte del leone della mobilità la fa il livello territoriale, i viaggi a lunga distanza giocano statisticamente un ruolo minore. Guardando il "modal split", cioè la divisione tra le varie forme di spostamento, si evidenzia una predominanza impressionante dei mezzi su gomma. I paesi poveri seguono a grande distanza, ma nel grado in cui riusciranno ad alzare lo standard di vita sembra fuori dubbio che la mobilità avrà una grande priorità.
Nel fabbisogno di mobilità si intrecciano piacere e dovere in modo complesso e gli elementi di razionalità diminuiscono ancora ulteriormente quando si guardano i mezzi per soddisfarlo. È questa una ragione perché il discorso sulla mobilità è così complesso e le soluzioni così difficili. Ma quali sono i problemi che richiedono soluzioni in questo regno di libertà e piacere se non passione?

LA DOMANDA DI MOBILITÀ, L’INFRASTRUTTURA, PROBLEMI E DANNI
Il fabbisogno di mobilità viene soddisfatto nei paesi industrializzati su dei mercati che offrono mezzi e servizi per lo spostamento. La situazione complessiva sul lato della domanda è il risultato delle decisioni aggregate di una moltitudine di soggetti. Sul lato dell’offerta il mercato è tutt’altro che libero. Piuttosto è condizionato in modo determinante da decisioni politiche sulle infrastrutture, sulle tasse e le tariffe. Tutte le forme motorizzate di mobilità e trasporto hanno bisogno di infrastrutture pesanti che richiedono tempi lunghi e grandi quantità di denaro quasi esclusivamente pubblico: strade, binari, piste, gallerie, terminals, ecc. I relativi costi delle varie forme di mobilità invece, dipendono in modo significativo dalle tasse su benzina, diesel, kerosene sulle automobili e sui camion.
La domanda degli individui di come soddisfare i propri bisogni di mobilità è quindi condizionata dalle forze del mercato e dalle decisioni politiche in parte a livello territoriale e in parte a livello nazionale. Il potere pubblico si fa condizionare nelle sue decisioni oltre dai fabbisogni di mobilità dei cittadini, dagli effetti sull’economia del paese e dai danni all’uomo e all’ambiente.
Il legame tra mobilità ed economia non richiede grandi spiegazioni in tempi di crisi della Fiat. Nei paesi industrializzati ogni quinto posto di lavoro ha a che vedere con la produzione di automobili e camion. Il che significa che variazioni anche contenute possono avere effetti economici rilevanti.
Terzo aspetto cruciale da prendere in considerazione nella programmazione politica della mobilità sono i danni delle varie forme di mobilità all’uomo e all’ambiente. Il peso della mobilità sulla biosfera nei paesi ricchi e i danni alla salute dell’uomo sono immensi. Per parlare del solo trasporto su gomma, i morti annui in Europa sono 40.000, in Italia sono quasi 8.000. Oltre 15.000 persone muoiono ogni anno in Italia dall’inquinamento atmosferico, che nasce in primo luogo dalle marmitte dei motori a scoppio.
Finora l’inquinamento atmosferico e acustico sono stati gli unici rischi connessi con l’uso dell’automobile. Sta assumendo dimensioni preoccupanti un terzo rischio alla salute – l’obesità. Insieme a una alimentazione errata, una vita "auto-centrata" porta a un incremento del peso. Il sistema metabolico umano si è evoluto in milioni di anni in una vita molto attiva come cacciatori/raccoglitori. Nella vita sedentaria urbana contemporanea la bassa quota di calorie bruciate contribuisce all’obesità insieme a un’alimentazione troppo ricca e sbagliata. Negli Stati Uniti un 61% di tutti gli adulti pesano troppo, in Germania un 50%, in Italia un XY% e la cifra è in crescita. Negli Stati Uniti 300.000 persone muoiono annualmente da malattie connesse con l’obesità (cuore, ictus, cancro ai seni e al colon, diabete da adulto) mentre sono 400.000 che muoiono dal fumo. Con la differenza che la prima cifra sta aumentando, la seconda diminuendo.
Più difficilmente quantificabili sono i danni causati dal rumore che è una piaga nelle città e lungo le strade ad alta densità di macchine. Oggi circa un 20% della popolazione italiana è esposta a livelli di rumore sopra i 65 dB.
I danni all’ambiente naturale e culturale si manifestano sia sul luogo che a livello globale. Le emissioni delle macchine e dei camion contribuiscono in Italia un 30% alle emissioni di CO2, il gas serra più importante. È preoccupante la quota di crescita – le emissioni di CO2 nel traffico crescono il doppio rispetto alla crescita complessiva e sarà proprio questo settore che presenterà i problemi più consistenti nel raggiungimento degli obiettivi di Kyoto.
Sul luogo l’inquinamento atmosferico danneggia il patrimonio culturale e l’ambiente naturale, la cementificazione di sempre più superfici abbassa il livello delle acque freatiche, le strade tagliano i terreni in "isole" sempre più piccole rendendo difficile la sopravvivenza di un numero crescente di specie.
Comunemente si tiene meno presente il peso sull’ambiente della produzione dei mezzi di trasporto. La produzione di un automobile richiede l’uso di 1,2 tonnellate di materiali, il prelievo di 103 mc di acqua, la produzione di 190 Kg di rifiuti non riciclati. Sostituire un’automobile a basso rendimento con una più efficiente offre quindi vantaggi limitati all’ambiente e non richiede essere sottolineato che il vantaggio dell’automobile "ecologica" spesso viene assorbito dalla sua maggiore potenza.
Il rifornimento con la materia prima del traffico motorizzato, il greggio, da sempre costituisce un costo pesante nel commercio estero dell’Italia che importa quasi la totalità del suo fabbisogno. La situazione si sta rilevando più precaria con una crescente instabilità geopolitica nel Medio Oriente, lì dove si trovano i due terzi dei giacimenti conosciuti. La dipendenza quasi totale dell’Italia dalle importazioni di petrolio per la propria mobilità rende il paese molto vulnerabile in questo settore.

LA CRISI DELL’AUTOMOBILE
Quando però si parla di crisi della Fiat o più in generale di crisi dell’automobile il tema non sono gli 8.000 morti da incidenti stradali, neanche l’inquinamento atmosferico nei centri urbani e ancora di meno il rapporto tra l’auto e l’obesità – il tema sono i posti di lavoro e il futuro e la competitività dell’industria automobilistica che in Italia ha un solo nome – FIAT.
L’Italia è il paese con la densità più grande di macchine in Europa, una per 1,77 abitanti e siamo arrivati a un punto dove la domanda per nuove macchine non basta per tenere in vita l’industria automobilistica del paese, forse nell’immediato anche a causa di una politica di modelli non sufficientemente a gusto dei clienti che avrebbero comprato più nuove auto Fiat invece di tenersi quella vecchia o comprasi una Renault. Ma questo è un problema degli ingegneri e dei designer e non ci interessa qui. Voler risolvere la crisi con nuovi modelli più attraenti ai clienti, prodotti con meno lavoro a costi più bassi, darebbe qualche respiro all’azienda senza però affrontare il problema di fondo: la mobilità individuale motorizzata sta raggiungendo i suoi limiti – se non li ha già superati. Nell’economia di domani l’automobile manterrà una sua posizione centrale per soddisfare fabbisogni di mobilità, ma sarà un’altra automobile e saranno di meno.
Una "crisi" nel significato originale della parola segnala uno stato precario che può portare alla distruzione completa come alla salvezza. La crisi della Fiat ha questo potenziale di avviare un riorientamento fondamentale nel settore automobilistico italiano verso una mobilità sostenibile.

LA MOBILITÀ NELLA SOCIETÀ E NELL’ECONOMIA DI DOMANI
La Fiera delle Utopie Concrete 2003 "La mobilità in tempi di crisi della Fiat" raccoglie gli elementi di una mobilità nell’economia di domani. Non pretende di poter elaborare il masterplan della mobilità futura, ma piuttosto farà comprendere le dinamiche in atto e presenterà gli elementi che dovranno contribuire al trasporto delle persone, delle merci, delle informazioni e punterà soprattutto sul ruolo delle amministrazioni locali in questo processo.

La macchina del futuro
In tempo di crisi della Fiat sembra giusto partire dall’automobile che manterrà, come dicevamo, un suo ruolo fondamentale per la mobilità perché offre una serie di vantaggi obiettivi in paragone ad altre forme di mobilità. Si può salire sulla macchina in qualsiasi momento per andare dove ci portano le strade. Inoltre la macchina continua ad avere un ruolo centrale per la presentazione della propria persona verso l’esterno. La macchina del futuro consumerà di meno – e la SMILE di Greenpeace dimostra come sia possibile dimezzare il consumo di carburante - e consumerà sempre di più il metano, in una fase di transizione, e poi l’idrogeno o altri combustibili prodotti da fonti rinnovabili.
L’idrogeno come combustibile potenzialmente non inquinante (se prodotto da fonti rinnovabili quale l’energia solare) ha assunto un ruolo centrale nel discorso pubblico sul tema, ma anche nella politica della case automobilistiche come dimostra l’esposizione che la BMW aveva montato al centro della Conferenza mondiale sulla Sostenibilità nel settembre del 2002 a Johannesburg – la loro gamma di macchine all’idrogeno esposte in modo molto accattivante su un velo di acqua.
Però anche le macchine più leggere, meno veloci, più risparmiose e possibilmente propulse da un carburante prodotto da fonti rinnovabili continueranno a comportare una parte consistente dei problemi delle macchine di oggi. L’intasamento delle strade, gli incidenti, la mancanza di attività fisica degli automobilisti, i costi ambientali della costruzione delle macchine e delle strade.

Il sistema territorio - trasporto
La domanda quindi diventa di come garantire il diritto dei cittadini alla mobilità riducendo il numero di automobili in circolazione e il numero di chilometri percorsi. Dimostra qui la sua utilità il concetto della mobilità come fabbisogno. Quello di cui si ha bisogno è il trasporto delle propria persona spesso insieme a determinati oggetti da A a B in tempi ragionevoli, in modo comodo, a costi abbordabili. Il fabbisogno è quindi quello per un servizio di mobilità. Per adesso questo fabbisogno non va messo in discussione (perché non scegliere un posto di lavoro più vicino, fare la spesa nel negozio all’angolo, mandare i figli nella scuola più vicina) ma chiediamo invece: come deve essere costruito il sistema territorio – trasporto per soddisfare un determinato fabbisogno di mobilità?
Un approccio sistemico sposta l’attenzione dalla fissazione sull’auto e apre lo sguardo per includere tutti i mezzi di trasporto – quelli pubblici, quelli privati, la bicicletta, andare a piedi - e chiede di come ottimizzare l’uso integrato soprattutto con l’aiuto delle tecnologie telematiche. Le soluzioni, come sottolinea Guido Viale, esistono tutte: il Car Sharing, il Car Pooling, i taxi collettivi, i taxibus dovranno diventare gli elementi che funzionano a domanda, integrati con il trasporto pubblico tradizionale di massa e con la bicicletta e la pedonalità ottimizzata.
Le amministrazioni comunali come soggetti "imprenditori" di una nuova mobilità
La mobilità sostenibile è un’utopia concreta nel senso che tutti gli elementi ci sono, hanno trovato una loro applicazione in vari contesti, ma non esiste ancora nessun territorio che abbia realizzato un sistema di mobilità integrata sostenibile. Sembra fuori dubbio che l’epoca dell’auto privata come soluzione dominante, sostenuta e incentivata, sta tramontando, ma non è detto che questa crisi della FIAT, e forse neanche quella successiva, sarà l’occasione per avviare una nuova politica di mobilità a livello nazionale ed europeo. Non è da escludere, anzi è probabile, che per un altro giro o due i fondi saranno buttati per "migliorare" il sistema del traffico motorizzato individuale con altri bypass nel sistema stradale e con mezzi meno inquinanti. Ma è altrettanto visibile già oggi che le città del futuro saranno quelle che investeranno risorse e progettualità in un sistema di mobilità intermodale guidato dalla domanda di trasporto.

IL RAPPORTO MOBILITÀ – TERRITORIO NELLA FIERA DELLE UTOPIE CONCRETE 2003
La Fiera delle Utopie Concrete rivolgerà una particolare attenzione al rapporto mobilità – territorio portando in esposizione e presentando in dibattito esempi riusciti di soluzioni per una mobilità sostenibile in città italiane ed europee. Sono loro, le amministrazioni comunali, i soggetti "imprenditori" della nuova mobilità; sarà il loro compito, dopo decenni di solo adeguamento al numero crescente di automobili in città, di ri-disegnare il trasporto nel proprio territorio che limiti e riduca gli spostamenti con l’auto privata a favore dei mezzi collettivi, della bicicletta e dei propri piedi.
Un caso studio sarà l’Alta Valle del Tevere cercando di individuare per questo territorio i fabbisogni di trasporto e mobilità e le risposte innovative e creative a tali fabbisogni.